Rassegna Stampa

web Ad Maiora Media

Specialisti da tutta Italia a confronto per nuove strategie sulla tossicità del ferro

Fonte: web Ad Maiora Media
13 aprile 2015

CAGLIARI,



Convegno_NovartisSpecialisti da tutt’Italia riuniti per due giorni (venerdì 10 e sabato 11) a Cagliari, con l'obiettivo di esaminare le nuove strategie nella gestione della tossicità del ferro, a danno di cuore, fegato e sistema endocrino, nell'ambito delle cure della talassemia e delle malattie onco-ematologiche.

La Sardegna è una delle regioni italiane che presenta la maggiore incidenza di talassemici con quasi mille pazienti, mentre il 13% della popolazione dell’Isola è rappresentato da portatori sani.

«Hanno partecipato i maggiori esperti italiani di talassemia - ha sottolineato il professor Paolo Moi, direttore della II Clinica pediatrica dell’Università di Cagliari, uno dei due presidenti del convegno medico, sostenuto da Novartis Oncology, “Deferasirox: camminando insieme alla ferro chelazione” – Un evento che ha avuto il merito di dare risalto all’approccio multidisciplinare alla malattia, che offre ai nostri pazienti una risposta completa sotto i vari aspetti medici. Un'occasione per riportare la comunità scientifica sarda a essere centro propulsivo degli studi sugli effetti devastanti dell’eccessiva presenza di ferro nel sangue».

Una malattia che, grazie al miglioramento delle cure e delle condizioni di vita dei pazienti, non fa più paura: «Un tempo il paziente viveva in una condizione di quasi invalidità, aveva tempi medi di vita molto brevi e moriva prima che potessero manifestarsi altre complicanze - ha aggiunto Moi – Negli ultimi decenni, i miglioramenti terapeutici sono stati tali da far sperare una prognosi di vita aperta per i pazienti, con una qualità di vita pressoché normale. Oggi, i talassemici possono lavorare, avere dei figli ed essere ben inseriti nel contesto sociale. Perciò, è diventato necessario il costante confronto con altri specialisti, soprattutto per le implicazioni cliniche procurate dal sovraccarico di ferro trasfusionale, che può trasformarsi in un micidiale veleno. L’approccio multidisciplinare, coordinato dalla figura principale del medico talassemologo, ha portato ad un miglioramento della speranza e della qualità della vita dei pazienti».

L'evento di Cagliari, a distanza di due anni da un analogo appuntamento svoltosi a Milano, ha rappresentato la prosecuzione del confronto sul tema della terapia ferrochelante, suddiviso in due ambiti (talassemia ed onco-ematologia), con la partecipazione di oltre 200 medici con diverse specializzazioni, provenienti da tutta Italia. Oltre ad esperti di talassemia e di ematologia, anche di cardiologia, nefrologia, epatologia ed endocrinologia.

«Non capita frequentemente di avere in Sardegna un convegno nazionale di questo livello – ha detto l'altro presidente del convegno, il professor Emanuele Angelucci, direttore di Ematologia e del Centro Trapianti dell'Ospedale Oncologico di Cagliari – Un riconoscimento per il lavoro fatto a Cagliari in questi anni nel campo della talassemia e nel campo delle patologie onco-ematologiche. Infatti, buona parte delle ricerche sul sovraccarico di ferro sono state fatte a Cagliari presso gli ospedali Oncologico e Microcitemico.  Con un approccio culturale diverso dal solito, sono state messe a confronto le diverse conoscenze, acquisite in ambiti diversi, sulle svariate complicanze derivate dalla tossicità del ferro.»

Negli ultimi anni ci sono state importanti evoluzioni nelle terapie per quanto riguarda l’accumulo del ferro, grazie ai farmaci di ultima generazione somministrati oralmente: «L’approccio è stato focalizzato non soltanto sul progresso scientifico e delle conoscenze, ma anche sulla pratica clinica quotidiana - ha spiegato Angelucci - Infatti, oggi, la terapia chelante del ferro è resa più semplice perché esistono farmaci che possono essere assunti per via orale e che, avendo un’emivita più lunga, sono attivi più a lungo permettendo una singola assunzione giornaliera. Coi vecchi farmaci, che dovevano essere somministrati per via parenterale e avevano un’emivita di appena 30 minuti, la terapia avveniva con un’iniezione sottocutanea continua attraverso un microinfusore.» (red)

(admaioramedia.it)