Mostre L'originale ricerca artistica di Marcello Simeone fino al 12 aprile all'Exmà
Vetri, lana, plastica e le “Variazioni” di Bach
S iate curiosi e lasciatevi sedurre dall'idea che musica e copertoni di biciclette finiti, zip, lana di Nule e preziosi vetri di Murano possano abitare lo stesso spazio e dare vita a un dialogo originale e affascinante tra l'immaterialità del suono del clavicembalo di Bach e la solida concretezza degli oggetti. Per farlo basta avventurarsi in “Variazioni”, la curiosa e non banale personale (curata dalla storica dell'arte Simona Campus fino al 12 aprile all'Exmà) delle opere di Marcello Simeone, musicista prestato all'arte. «La musica è la mia vita», confessa l'artista «e le “Variazioni Goldberg” di Johann Sebastian Bach sono per un pianista uno dei mari più belli». Ora diventato, in otto battute del tema principale, il cuore luminoso delle “colonne” costruite da Simeone, parallelepipedi fatti con la plastica dei pneumatici non più utilizzati e resi lucidissimi per esaltarne le geometrie delle scalanature, le bacchette colorate dei vetri, disposte anch'esse in colonne per gradazione di colori, e il familiare filo di lana écru di Nule.
«Gli oggetti dicono più di quanto noi non sappiamo», avverte ancora Simeone. «Hanno storie invisibili che è bello raccontare, come ha fatto un artista rumeno alla Biennale di Venezia, un anno fa: ha descritto la fatica di “tirar fuori” dalla montagna il blocco di marmo e il lungo viaggio dalla Cina all'Europa, durante il quale la pietra informe è diventata colonna». E in queste colonne, originalissime, ci sono tante storie: la serialità del lavoro industriale (nelle zip e nella plastica), la maestria dei vetrai di Venezia (luogo del cuore di Simeone), e l'identità sarda che fa da filo conduttore; codici espressivi profondamente differenti che trovano nella ricerca artistica un inaspettato punto di equilibrio. Grammatiche distanti, anche geograficamente, (oltre alla Cina è citato il mondo arabo e l'Iran), ma testimoni di mondi che vivono e si fondono insieme, con l'armonia delle note di Bach. «Oltre a intrecciare storie diverse - precisa ancora l'artista - volevo rendere una partitura musicale in luce».
La magia è in un microprocessore costruito da Giulio Loi, esperto di software, che ha tradotto in numeri le battute musicali: una scheda elettronica manda gli impulsi delle “Variazioni Goldberg” con due led. E la luce “suona” sia le note della mano destra che quelle della sinistra. Indubbiamente si resta affascinati. La ricerca parte proprio dal pentagramma dove si ferma il silenzio. Giusto il tempo necessario per riprendere fiato, e la musica riparte: stessa partitura ma eseguita ora da un organo, poi da un trio di archi, poi ancora da una chitarra. Infinite “Variazioni” appunto, figlie del bisogno di sposare materie e storie diverse.
Scrive la storica dell'arte Simona Campus: «Sono opere concepite per carpire l'immaterialità della musica in un'eloquente complementarietà tra gli opposti: non semplici spunti descrittivi, ma sinestesie». Ovvero un mescolamento di mondi, quindi di sensi.
Nella sala della Torretta si chiude il viaggio cominciato nella penombra della sala della Terrazza del complesso dell'Exmà. Qui la luce naturale illumina le ultime opere del musicista-artista. Il filo di lana di Nule è il segno più sicuro del cammino fatto, ma sono i vetri a cambiare forma e a divenire specchianti, offrendo al visitatore spunti di gioco. Nello specchio si riflettono le nostre esistenze o viceversa. In interminabili “Variazioni” come quelle che compose, tra il 1741 e '45, Bach sul suo clavicembalo.
Caterina Pinna