Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Lirico, eclissi orchestrale con Verdi e Faurè

Fonte: La Nuova Sardegna
23 marzo 2015

Cagliari, luci e ombre nel concerto al Comunale diretto dalla bacchetta di Sebastiano Rolli


di Gabriele Balloi

CAGLIARI Dall’eclissi di sole a una breve eclissi orchestrale. Niente di che in realtà. È accaduto al Lirico, venerdì nel secondo appuntamento con la Stagione sinfonica, che per un’improvvisa indisposizione il primo clarinetto abbia dovuto abbandonare il palco, tenendo fermi orchestra e coro diversi minuti nel bel mezzo d’una raccolta verdiana. Insomma, per alcuni istanti sconcerto nel concerto. Brusio in sala (a onor di cronaca, non troppo piena). La sovrintendente Spocci che corre a verificare. Il direttore ospite, Sebastiano Rolli, che lascia il podio recandosi dietro le quinte, ritorna poco dopo a informare dell’inconveniente. Cosicché, in attesa del clarinettista (fortunatamente riunitosi poi alla compagine) si modifica l’ordine dei «Quattro Pezzi Sacri» di Verdi. Cominciando perciò dai brani senza accompagnamento strumentale. All’«Ave Maria», eseguita prima dell’intoppo, avrebbe giovato forse qualche colore, qualche “sfumatura dinamica” in più (soprattutto i “pianissimo”), individuabili invece sulle «Laudi alla Vergine Maria», coro interamente femminile che, pur con talune incertezze sugli acuti più scoperti, rivela, tuttavia, amalgami timbrici davvero splendidi nel contrappunto costruito sul registro medio- grave, con buone forcelle di volume, in crescendo o diminuendo. Del coro istruito da Gaetano Mastroiaco la miglior prova arriva, però, sulle altre due pagine. Certo, forse non perfette, ma è coinvolgente ad esempio nello «Stabat Mater» l’infiammarsi della massa corale sui passaggi più incalzanti, più accesi, con l’Orchestra del Lirico vivida sui disegni ritmico-melodici che affiancano il canto con sonorità piene e nitide degli archi, o quelle dei fiati ben misurate e lucenti. Oppure nel «Te Deum» – dove riusciamo a dimenticare la distanza a cui adesso si trovano i musicisti nella nuova disposizione rispetto alla platea – travolgono con tsunami di decibel i maestosi, dirompenti “fortissimo” dell’intero coro. Magari il fraseggio studiato da Rolli nella scelta dei tempi, nei dettagli agogici, nei respiri, non è sempre eccelso ma in fin dei conti funziona, offrendo nell’insieme una lettura piuttosto buona. Lo stesso non può dirsi, purtroppo, per il «Requiem» di Fauré. Bei timbri, chiari, “traslucidi”, coloriture trasognate e trasognanti dell’orchestra, ma non convincono affatto certe scelte metronomiche. Come il «Libera me» troppo dilatato, quasi rischia l’apnea il povero baritono Sergio Vitale. Il «Sanctus» che tradisce difficoltà sugli acuti da parte dei soprani. O il «Pie Jesu» di Angela Nisi, senz’altro vocalità fra l’angelico e l’olimpico, notevole fiato e risonanza, ma il “legato” realizzato quasi tutto con “portamento” e l’intonazione non sempre centrata appieno, inficiano l’esecuzione.