Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Questo “Sud” appassionato e così forte

Fonte: L'Unione Sarda
23 febbraio 2015


In scena Sergio Rubini al Massimo di Cagliari

 




C on amore e senza retorica: così Sergio Rubini spiega la cultura meridionale. Nascosto in un angolo del palco, l'assai premiato attore e regista batte il tempo con le mani mentre il trio dei musicisti suona il pezzo che dà inizio a “Sud”. Recital, dal titolo brevissimo, in scena fino a domenica al Teatro Massimo di Cagliari per la stagione della CeDac.
Concerto per note e parole che per un incidente occorso a Fabrizio Bentivoglio ha sostituito la prevista recita de “La serata”, commedia peraltro scritta e diretta da Sergio Rubini (nelle foto di Daniela Zedda ). Il quale non ha voluto mancare l'appuntamento con il pubblico e ha voluto al suo fianco tre ottimi orchestrali: Michele Fazio al pianoforte, Marco Loddo al contrabbasso, Emanuele Smimmo alla batteria. Col loro contrappunto per niente folcloristico, ha letto con netta inflessione pugliese un brano di Matteo Salvatore, cantore del Gargano apprezzato da Italo Calvino come da Vinicio Capossela.
Ed è velocemente passato al napoletano, in un omaggio a Eduardo De Filippo che fu autore partenopeo quanto universale. Sono storie di fame e di mariuoli, di miseria nera, di calce e pane e furbizie popolari, di soldatini appena arruolati che non capiscono gli ordini perché parlano solo il dialetto.
È un sud senza precisi limiti geografici, quello di cui si parla. E che può essere descritto anche in italiano, come avviene nelle pagine di Carlo D'Amicis popolate dai ragazzini degli anni Settanta coi motorini Caballero e i cinemini pomeridiani. Rubini fa un giro lungo, per ricordare il mondo sotto il parallelo di Roma e inserisce nel copione un sontuoso stralcio de “I persiani” di Eschilo, ovvero la tragedia del re Serse davanti alla disfatta della battaglia di Salamina. Magna Grecia, off course.
Sergio Rubini, molto appassionato ed efficace, è bravissimo. E generoso perché a recital concluso s'intrattiene ancora con gli spettatori, scusandosi per il cambio di programma e raccontando di Grumo Apula, suo paese natale, ricco di gente stravagante e di artisti come Giacomo D'Angelo, storico, poeta, violinista e giocattolaio. E dell'importanza delle radici.
«Io ho vissuto da esule», confida, «sono andato via di casa a diciotto anni. Ho sviluppato un particolare attaccamento per un luogo che è diventato il luogo della mente. Oggi è certamente cambiato ma conserva per me un valore psicologico. Le radici ti fanno proiettare nel futuro, ti indicano la strada. La provincia, del resto, è un continente. Per troppo tempo si è identificato il Sud con la depressione e la sofferenza, o con un paradiso che non esiste. Appartiene alla grecità, semplicemente, è stato culla del pensiero filosofico. La crisi che stiamo attraversando ci dice che abbiamo creduto in simboli fallaci e menzogneri. Siamo tutti più poveri e l'apparenza non è più di moda perché costa. Non si tornerà a zappare come prima ma molti stanno tornando alla terra, nella consapevolezza però delle mutate condizioni. Per un certo periodo sono stato ambasciatore dell'olio extravergine di oliva nel mondo. Ne sono stato molto onorato».
Alessandra Menesini