Rassegna Stampa

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Chiuso per crisi, tra Cagliari e Quartu in quattro anni sparite 4500 imprese

Fonte: web SardegnaOggi.it
13 febbraio 2015

 

Chiuso per crisi, tra Cagliari e Quartu in quattro anni sparite 4500 imprese
Quasi tre 'stop' al giorno, tra il 2011 e il 2014. Nel Cagliaritano non si arresta la crisi delle 'imprese': la media è di mille 'addii' all'anno. In anteprima gli ultimi dati della Camera di Commercio.



CAGLIARI – 4436 croci, piantate sull'ormai 'famoso' camposanto del terziario, tra il capoluogo della Sardegna e Quartu Sant'Elena. 'Commercio all'ingrosso e al dettaglio', 'attività di alloggio e ristorazione', ma anche 'attività finanziarie, assicurative e immobiliari'. Sono solo alcune delle voci presenti nei dati della Camera di Commercio provinciale: dal 2011 al 2014, anno per anno è una lunga sequela di segni meno. Il ritmo medio di chiusure è di mille ogni dodici mesi, nettamente superiore al dato delle nuove iscrizioni (2752). Sono 16646 le 'imprese' registrate all'Ente con sede nel Largo Carlo Felice fino allo scorso trentuno dicembre, nel 2011 erano 16756: un calo a prima vista leggerissimo, ma bisogna tenere conto del fatto che una fetta di imprenditori che chiudono non comunicano il proprio 'funerale' alla Camera perchè la cancellazione dalle liste comporta un costo. Oltre al fatto che i numeri 'in movimento continuo' sono quelli dei 'nuovi iscritti' e delle 'cessazioni': 1261 chiusure a fronte di 663 iscrizioni, così è stato nel 2014.

I DATI. 3383 imprese chiuse a Cagliari e 1053 a Quartu Sant'Elena: è questo il dato principale che salta agli occhi, squadernando i dati camerali legati al periodo 2011-2014. Nelle due città, nel 2011 hanno abbandonato il mondo del terziario 907 realtà, nel 2012 la quota ha toccato le 987 unità, col 2013 'da infarto' (1301 chiusure) e 1261 l'anno scorso. Nel dettaglio: negli ultimi dodici mesi a Cagliari si sono registrati negli elenchi camerali 509 nuovi imprenditori, ma in 947 si sono poi sbianchettati. A Quartu Sant'Elena la quota è stata di 154 nuovi arrivi e ben 314 addii. Tra i settori più in crisi la triste prima posizione va al 'Commercio all'ingrosso e al dettaglio': nel 2014 ci sono state 504 cessazioni a fronte di 291 iscrizioni a Cagliari e 190 cancellazioni a Quartu Sant'Elena, quasi il doppio rispetto alle iscrizioni (99). E, a parte due timide 'inversioni di rotta' tra il 2011 e il 2012, questi due settori hanno sempre dovuto fare i conti con più cancellazioni che iscrizioni. Altra realtà sul baratro è quella delle 'attività di alloggio e ristorazione': soprattutto bar e ristoranti, per intenderci. Nel 2014 ci sono state 103 cessazioni a fronte di 43 iscrizioni nel capoluogo sardo, nella terza città della Sardegna dieci new entry e ventuno fallimenti. E non se la passano bene neanche le 'attività immobiliari', i 'servizi di trasporto e magazzinaggio', le 'attività professionali, scientifiche e tecniche' e i 'servizi di informazione e comunicazione'. Tutte voci che mostrano numeri che non lasciano spazio a nessuna possibile interpretazione: in dodici mesi è decisamente più alto il numero di chi 'chiude baracca' rispetto a chi ne apre una nuova.

I COMMENTI. “I numeri negativi non sorprendono, da tempo la situazione è sfuggita di mano. Chi ha la fortuna di avere un lavoro si ritrova sempre meno denaro in tasca per via di quella smania tassatoria del governante di turno, che non taglia sprechi e privilegi ma costringe i comuni a aumentare le tasse. Così avviene la morte delle attività di vicinato e di tutto il comparto che ruota attorno ad esse”, analizza Pierluigi Mannino, componente della Giunta di Confcommercio Sud Sardegna. “Tra Cagliari e Quartu Sant'Elena si vive un bruttissimo antipasto di 'deserto commerciale'. Per ogni chiusura ci sono in media tre nuovi disoccupati. Regione e amministrazioni comunali devono svegliarsi e mettere in campo tutta quella serie di azioni che chiediamo da tempo. Promozione del territorio, sinergia tra pubblico e privato e qualche 'no' deciso a certe politiche nazionali liberticide”. Dalla sponda Confesercenti, parla Roberto Bolognese: “Dati cupissimi, da intendersi per difetto. Non tutti gli imprenditori che falliscono si cancellano dagli elenchi perchè ha un costo. Siamo stati tacciati di essere dei blasfemi perchè non abbiamo predicato il verbo dell' 'aprite e moltiplicatevi' a chi voleva fare impresa”, afferma il presidente provinciale di Confesercenti, “per fare impresa serve serietà e una minuziosa indagine di mercato, non basta più alzare una serranda e provare a vendere. Serve capire in che direzione va il commercio e cosa fare per evolversi, penso alle vendite online, si potrebbe tentare un mix”, prosegue Bolognese, che lancia una preghiera “al Governo centrale, le attuali liberalizzazioni sono delle deregolamentazioni. A livello locale vanno evitate le nuove costruzioni di grandi centri commerciali”.