Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

«Il carcere non si tocca»

Fonte: L'Unione Sarda
19 dicembre 2014


IL FUTURO DI BUONCAMMINO. Il prete “contro”: sia museo di educazione sociale

 

Don Ettore Cannavera: quel luogo è come Auschwitz

 



«Il carcere deve restare com'è, a perenne ricordo della sofferenza dei reclusi». Don Ettore Cannavera, fondatore della comunità La Collina per il recupero degli “ultimi” della società, non ha dubbi. E le sue sono parole che contrastano con i sogni di chi - eventuali nuove leggi urbanistiche permettendo - vedrebbe un hotel a 5 stelle tra androni, celle e porte blindate.
Quale futuro immagina per il vecchio carcere?
«Quando guardo Buoncammino mi viene in mente un'altra struttura di pena, in parte ristrutturata: quella di Castiadas. Di solito, in estate, porto lì i giovani che hanno terminato un percorso di detenzione minorile a vedere le celle: la galera degli adulti. L'ex carcere del Sarrabus è a suo modo un luogo della memoria: anche Buoncammino deve diventare tale».
Ipotesi suggestiva.
«Dirò di più: deve diventare un luogo didattico e pedagogico, per non dimenticare. Le scolaresche devono poter visitare le celle come accade ad Auschwitz per i campi di concentramento».
Come?
«Lo ripeto a prova di smentita: Buoncammino non è diverso da Auschwitz».
Lo lascerebbe così?
«Esattamente. Con gli otto letti per cella a testimoniare in quali ambienti e in quali situazioni vivevano i reclusi. Per gli animali le leggi richiedono spazi maggiori. Al massimo lo ripulirei un po'».
Lei è entrato nelle celle?
«Incaricato dall'associazione Antigone, assieme a Franco Uda dell'Arci di Sassari, quattro anni fa ho visitato le case di reclusione di Lanusei, Sassari, Badu 'e Carros e Iglesias. Con una delega del ministero ho girato anche Buoncammino. Mi colpì il tipo di struttura, nel periodo del sovraffollamento: le celle erano occupate da 530 detenuti».
Quali conclusioni ha tratto?
«Nel confronto con le carceri di Francia e Belgio, che ho visitato sempre per conto del ministero, ho notato differenze sia nel trattamento che nell'organizzazione del dipartimento amministrazione penitenziaria. Buoncammino è stato abbandonato».
Da chi?
«Le responsabilità non possono che essere ministeriali. Gli operatori locali e il direttore hanno fatto di tutto per renderlo più umano. Ma non dimentico le persone che si sono suicidate, come Aldo Scardella, tenuto per sei mesi in isolamento. Dobbiamo rendere conto delle condizioni in cui per 159 anni abbiamo costretto i nostri detenuti».
Ha visto solo sofferenza?
«No, anche topi. Dopo la derattizzazione, Buoncammino diventi museo di educazione sociale, aperto a chi ritiene che la storia sia maestra di vita».
Ha visitato il nuovo complesso di Uta?
«Due volte ed è ben altra cosa».
Ritiene che Buoncammino ora debba passare al Comune?
«Non è necessario. Per diventare luogo educativo passi magari sotto l'egida del ministero dell'Istruzione. La parte attualmente occupata da uffici può restare tale».
Può diventare simbolo di riscatto della città?
«Anche. Si trova in uno dei punti più panoramici di Cagliari. Ma non sono d'accordo con chi vorrebbe trasformarlo in un hotel deluxe: a Buoncammino c'è il sangue dei carcerati».
Lorenzo Piras
@lorenzopiras71


È il fondatore della comunità La Collina

 


Spesso le sue posizioni sono state in controtendenza, a volte addirittura contrarie, rispetto a quelle del Vaticano. Ettore Cannavera, 69 anni di Dolianova, non ha mai derogato dal suo stile di sacerdote controcorrente: sempre dalla parte dei più deboli, ha fondato la Comunità La Collina a Serdiana e, nel 1974, ha scatenato il finimondo dichiarandosi a favore del divorzio. Più tardi è stato sospeso a divinis per aver dichiarato di non essere d'accordo con la Cei sul tema-preservativo. Si è messo di traverso rispetto alle posizioni dei vertici della Chiesa anche sulla procreazione assistita. E nel 2013 ha destato scalpore l'ipotesi provocatoria di una sua candidatura a presidente della Regione. Cannavera, comunque, non si è mai scomposto, portando avanti il suo mandato forte di una fede incrollabile e di una cultura sterminata. È docente di Psicologia alla Pontificia facoltà di Cagliari e ha 4 lauree: in Teologia, Scienze dell'Educazione, Pedagogia e Psicologia.
Lo. Pi.