Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Il bimbo “vivace” resta a casa

Fonte: L'Unione Sarda
15 dicembre 2014


LA VERGOGNA. Padre e madre disperati: «Ci incateneremo al cancello delle Elementari»

 

Non c'è una scuola per l'alunno rifiutato dagli altri genitori

 



Un bambino senza scuola da quasi tre settimane. Dieci anni, è a casa con papà e mamma dal 26 novembre. Dal giorno in cui i genitori dei suoi compagni si sono rifiutati di far entrare i figli in classe: è “pericoloso”. Da allora solo promesse. Il risultato è vergognoso: «Nella sua scuola non può tornare perché non lo vogliono», dicono disperati i genitori del bambino. «Noi non troviamo nessuna soluzione. Le altre elementari non hanno posto. E lui piange».
Un diritto negato. il bimbo domanda: «Perché non possono andare a scuola? Voglio vedere i miei compagni». I genitori non sanno cosa rispondergli: «Ci siamo rivolti anche all'ufficio scolastico provinciale a Elmas: vi faremo sapere , ci hanno detto. È passata una settimana e non abbiamo ricevuto nemmeno una telefonata». Anche il tentativo di avere una risposta dall'ufficio regionale cade a vuoto. «L'Unione Sarda? Prendiamo nota della vostra richiesta e riferiremo a un responsabile. Vi faremo sapere». Anche in questo caso, forse per i troppi impegni, non arrivano risposte.
«Stiamo pensando di incatenarci da qualche parte, magari al cancello della scuola di nostro figlio». La mamma non ha perso la voglia di combattere. Ma ha paura che una sua azione possa complicare la situazione. «La nostra speranza è che il bambino possa tornare nella sua scuola, quella che lo ha visto crescere in questi ultimi quattro anni. Basterebbe affiancargli un educatore durante le lezioni. Ma sembra una strada impercorribile. Il dirigente si era anche offerto di parlare con qualche collega per far accogliere nostro figlio. Il risultato: scuole tutte piene. Così mio figlio è ancora a casa».
Un bambino senza scuola ma soprattutto travolto da una vicenda enorme. «Siamo stati lasciati da soli. Nostro figlio andava aiutato. Invece è stato trattato come un lebbroso». Un bambino ritenuto “pericoloso” per frequentare una quinta elementare dove si fa il tempo pieno e dove c'è un altro alunno problematico (in classe, oltre alle maestre, c'è anche un educatore). Un bambino che davanti ai compagni aveva tirato fuori dalla tasca un coltello a serramanico, l'ultimo episodio, la goccia che ha fatto traboccare il vaso, spingendo i genitori degli altri bambini alla rivolta: «Se entra lui, i nostri figli restano a casa. Abbiamo paura». Il papà e la mamma, soli contro tutti, si sono arresi. Il mancato dialogo tra scuola e servizi sociali ha complicato tutto. «Cambierà scuola», avevano detto. Una scuola che non si trova.
Matteo Vercelli