Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

«Il Tar spenga le ruspe»

Fonte: L'Unione Sarda
1 dicembre 2014

MOLENTARGIUS. Giovedì manifestazione di solidarietà dei residenti

Ricorso dei due proprietari della casa abusiva 


Saranno lì, davanti alla casa dei Porcu, davanti alle ruspe. Non per opporre resistenza, per far le barricate contro le forze dell'ordine, contro le decisioni, pur contestate apertamente, dalla Procura della Repubblica. «Saremo lì, tutti noi, giovedì mattina in via del Sale, per far sentire la nostra vicinanza alle famiglie di Lazzarino e Giancarlo, per dimostrare la solidarietà dell'intera comunità». Così annuncia il presidente della Comunione Medau su Cramu, Ernestino Curreli, per il giorno della demolizione, quando le ruspe che dovranno dare esecutività alla sentenza penale definitiva abbatteranno l'edificio che ospita le abitazioni dei fratelli Porcu, un pizzaiolo e un cuoco che lì vivono «da una vita» e su un terreno di Molentargius hanno messo su le loro famiglie.
ANNI OTTANTA Quel fabbricato bifamiliare, costruito agli inizi degli anni Ottanta dal padre Edmondo su un'area agricola di proprietà di un terzo figlio, Salvatore, per dare una casa ai suoi due ragazzi (Giancarlo era in procinto di sposarsi, Lazzarino stava rientrando dall'Inghilterra con la famiglia, a causa di problemi di salute che gli impedivano di continuare a vivere nel clima freddo del nord), adesso ha davvero le ore contate. Sempre che non intervengano i giudici del Tar cui i loro legali, Eulo e Paolo Cotza (avvocati amministrativisti, mentre le questioni penali sono state affidate all'avvocato Mariano Delogu), hanno presentato ricorso. Un'istanza indispensabile per abbattere i tempi vista la scadenza ormai imminente di giovedì, quando i motori delle ruspe verranno accesi alle otto del mattino.
IL LEGALE «Questa dei fratelli Porcu è una vicenda che ha dell'incredibile. Stanno pagando, intanto, per un abuso di cui non hanno alcuna responsabilità visto che casa e recinzione erano state interamente realizzate prima dell'acquisto», spiega l'avvocato Cotza. Un abuso per cui vennero rinviati a giudizio il padre e l'altro fratello ma poi, usciti in qualche modo, nel 1988, grazie a una sentenza della Pretura che dichiarò, per entrambi gli imputati, il non luogo a procedere: in parte per prescrizione, in parte per amnistia. «Dopo circa trent'anni - spiega Eulo Cotza - una persona e la relativa famiglia si ritroverebbero sulla strada, irrimediabilmente sradicati dalla propria unica casa e privati della possibilità di una esistenza serena, libera e dignitosa».
LA LATITANZA Trent'anni di mancate risposte da parte della Pubblica amministrazione alle ripetute istanze di condono che i due fratelli hanno evidentemente interpretato some “silenzio-assenso”. Insomma, se il futuro dei Porcu è ora rimesso nelle mani del giudice monocratico del Tar (la Camera di consiglio della seconda sezione è fissata per il 10 dicembre, dunque fuori tempo rispetto al giorno della demolizione), per il riordino di Medau su Cramu e l'abbattimento delle costruzioni abusive la strada sembra essere tracciata. Tornare indietro sarà davvero impossibile.
IL PRESIDENTE «Mi chiedo come possano essere considerate abusive famiglie alle quali è stata allacciata la corrente, concesso l'uso dell'acqua, riconosciuta la residenza in strade delle quali è stata dalle stesse famiglie “inventata” la toponomastica poi accolta dal Comune con tanto di delibera di Giunta», racconta il presidente della Comunione, Ernestino Curreli. A Medau su Cramu, i 236 residenti sperano nel miracolo. «Nei parchi di mezzo mondo l'uomo è presente. Certo, gli abusi esistono. Ma chi non ha colpe, in tutta questa vicenda lunga trent'anni?».
Andrea Piras