Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Il silenzio del giorno dopo Restano gli “avvisi” ai detenuti

Fonte: L'Unione Sarda
25 novembre 2014


L'ex presidente della Regione Cappellacci: referendum sul futuro dell'edificio

 


Buoncammino nel day after è un gigante cupo dove anche uno starnuto produce un'eco sinistra che dura per infiniti secondi. Un luogo tetro e spoglio, come solo un vecchio carcere vuoto e malandato può essere. Eppure sino a 24 ore fa qua dentro la vita pulsava come in un formicaio. Voci, risate, insulti e grida rimbombavano tra le mura costruite un secolo e mezzo fa, dove l'odore di umanità varia appesantiva l'aria umida e densa più della muffa ben visibile sui pavimenti.
IL PICCOLO ESERCITO C'era, come viene definita negli avvisi ancora appesi nei bui corridoi su cui si affacciano le celle, la cosiddetta “popolazione detenuta”. Variegata, multietnica e rumorosa. Un piccolo esercito composto da 334 uomini e donne dai 18 ai 70 anni, portati via in una sola mattinata sui blindati per essere trasferiti nel nuovo e moderno penitenziario di Uta. Ed è proprio leggendo quei fogli ancora affissi alle pareti che sembra di vedere, come in un film, la vita dei reclusi di Buoncammino. Avvisi pieni di regole e divieti strani e quasi surreali, ma solo per chi non è mai stato dietro le sbarre e non immagina come lì dentro cambino priorità, esigenze e necessità. E si debba sopportare una pena forse peggiore delle detenzione: un inesorabile processo di disumanizzazione.
LA VITA DIETRO LE SBARRE Ce n'è ad esempio uno, datato 28 maggio, che è legato proprio all'imminente trasferimento a Uta. Stabilisce la quantità di oggetti che ogni detenuto può portare con sé: «7 mutande, 7 canottiere, 4 pantaloni, 7 magliette, 2 paia di scarpe, 7 paia di calze, 1 padella, 1 pentola, 1 rasoio usa e getta, un accappatoio, mentre gli altri effetti personali verranno ritirati». Un altro del 5 giugno stabilisce invece il divieto di usare «le brande a castello poste in terza fila all'interno delle camere detentive», pena «effetti a carattere disciplinare». Ma anche andare a un colloquio può diventare stressante, perché, che lo si voglia o no, prima di uscire dalla cella bisogna comunque rendersi presentabili: l'avviso del 13 maggio recita infatti che «è fatto divieto di indossare abiti succinti, accappatoi, pantaloncini corti, ciabatte e infradito ecc. in quanto atteggiamenti contrari alla pubblica decenza punibili ai sensi dell'art. 77 regolamento ed esecuzione dell'O.p.». C'è poi il registro delle docce (anche se sulla copertina si legge “doccie”), perché ogni recluso ha diritto a farne una al giorno anche se ci sono 40 gradi all'ombra. Poi il listino dell'edicola: 1 euro per il Sudoku, 1,50 per Cronaca Vera (molto richiesto) e la Settimana Enigmistica, sino ai 5 euro per Quattroruote e agli 8,90 per i regali bimba o bimbo. E infine le scritte sui muri delle celle, un vero e proprio caleidoscopio di emozioni diverse, sentimenti contrastanti, drammi e sofferenze interiori.
REFERENDUM E BUS Presto però anche questi frammenti di un passato ancora freschissimo spariranno dai muri. E per Buoncammino, dopo 159 anni, inizierà una nuova era. Cosa ne sarà ancora nessuno lo sa con certezza. Anche se ieri l'ex governatore Ugo Cappellacci ha voluto ribadire, come già aveva fatto il sindaco Massimo Zedda, che «deve essere la città di Cagliari a decidere, magari celebrando un referendum popolare. Nessuno pensi - ha scritto il forzista su Facebook - di assumere decisioni calate dall'alto». Intanto per le famiglie dei detenuti c'è una buona notizia: da ieri la Regione ha attivato, in via sperimentale, il servizio navetta con i bus del Ctm che collega piazza Matteotti (partenze alle 7,25, 11.25, 15 e 17.25) al nuovo carcere di Uta (partenze alle 7.55, 12.30, 15.30, 18.30).
Massimo Ledda