Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Sette ore per chiudere il carcere e un'epoca

Fonte: L'Unione Sarda
24 novembre 2014


Alle 14,20 è stata ammainata la bandiera dell'istituto cagliaritano

 



Un giorno per chiudere un'epoca. Sette ore, per l'esattezza. Operazione lampo, più rapida del previsto, e solo un intoppo: all'ultimo viaggio di rientro si ferma il gigante Volvo che ha lavorato sodo fino a quel momento. L'incidente non guasta la soddisfazione del questore: «Operazione senza precedenti in Italia», dice mentre sono già sparite le bandiere all'ingresso del carcere e una benda azzurra ha coperto la targa ufficiale. Alle 16,20.
I passanti del pomeriggio, in questa splendida strada che non è mai stata in , guardano stupiti: è proprio vero. Sì, il mostro con la sua fredda bellezza c'è sempre, ma non “ospita” più nessuno. O quasi. «Resta ancora qualche guardia, c'è della roba da portare via», dice il direttore. Questione di una settimana, ma sì, «è finita». E sale una strana sensazione davanti alle porte aperte, ai crocicchi dei poliziotti rilassati, ai controlli allentati. È come se l'ultimo pullman vuoto, alle 14,53, si sia portato via tutti i fantasmi. Da via Giussani qualcuno canta a squarciagola. Non si afferra la strofa, ma tra le parole di scherno c'è sicuramente “Buoncammino”.
È storia. Che comincia all'alba, per i 334 detenuti e per i 500 uomini delle forze dell'ordine. Ci sono proprio tutte le armi. E giubbotti antiproiettili, mitra, pistole, blocchi. Azione militare su vasta scala. Già alle 7 l'elicottero volteggia sulla città e accompagna il primo dei cinque pullman blindati in dotazione, tre spediti dalla penisola. Sarà un rumore costante. Il cuore della città è presidiato, ma non ci sono proteste, è ancora presto. Davanti al carcere, in una sorta di recinto davanti alla porta, tra i due chioschi, il cappellano segue tutto con emozione: «Sono sempre i miei». No, nessun problema. «Hanno già fatto i colloqui. Si preparano da una settimana e lo sanno che è per il loro bene», dice don Massimiliano.
Intanto si sentono i colpi di fischietto e i nomi. I primi a partire sono i “lavoranti”, quelli addetti alle cucine, alla manutenzione. Si tratta di mandare subito a regime la macchina del carcere di Uta: il pranzo sarà freddo, la cena calda. Si aspettano i familiari, forse qualche protesta, ma non c'è niente da registrare, anche se il problema resta e non è certo secondario. Un tipo che vorrebbe fare footing viene rispedito indietro, e così una signora col cane. Comincia il concerto ininterrotto delle sirene.
L'altro pullman è pronto: 22 detenuti a bordo, dicono gli agenti. Non si vedono mentre salgono, si scorgono soltanto le scarpe da tennis sotto la Volvo. Per chi osserva è un trasferimento di ombre. Il tragitto? Ce ne sono diversi, ma il preferito tocca via Giussani, via Anfiteatro, via Santa Margherita, piazza Yenne. Si fila col rosso, i posti di blocco non si contano. Il gigante blu scuro, preceduto dalle moto e stretto fra due auto, imbocca viale La Plaia e poi direzione Pula. Virata sulla strada che porta alla zona industriale di Macchiareddu, lo stagno, Conti Vecchi, ed ecco gli edifici della casa circondariale “E. Scalas”. Un cartello indica che Capoterra è a 6 chilometri, Santadi a 35 e non sono lontane l'oasi Wwf e Santa Lucia. Il luogo sa di deserto, a parte i ciclisti. Scatole di cemento tra le pale eoliche, campi di sterpaglie e qualche albero spelacchiato. Dentro ci sono ancora le ruspe, fuori sciami di zanzare. Sotto il cielo grigio una fermata di autobus, ma senza scritte: il servizio funzionerà prima o poi. Dalle mura tiratori scelti perlustrano col binocolo, «del resto qualche AS c'è». Alta Sicurezza. Sulla spianata anche Cacciatori di Sardegna (dal basco rosso) e gli artificieri con i cani. Per un cercatore di funghi non è una domenica felice.
Si torna. Alla fine i viaggi saranno quindici, uno ogni mezz'ora, con assoluta precisione. «E con poco impatto per la città», dicono i comandi dei Vigili urbani. A Buoncammino c'è qualche curioso in più. Alle 13 dalle porte del vecchio carcere spuntano due camici bianchi e viene caricato materiale sanitario. Sono trasportati anche i malati. La tensione scende, arriva il questore e ringrazia la città «per la collaborazione». Non nega che ci si aspettava «qualche dimostrazione, ma la Digos ha lavorato bene». Polemiche? «Non è il momento». Nel carcere di Uta sventolano già le bandiere ammainate a Cagliari.
Roberto Cossu