Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

L'archeologia nelle città storiche

Fonte: L'Unione Sarda
12 novembre 2014

 

Come vivere in una città storica? Cosa fare del suo patrimonio archeologico? Domande ineludibili in epoche in cui tra progettualità ed archeologia c'è un conto aperto. Ogni volta in cui si progetta in città la cui vicenda insediativa data millenni, il dibattito assume toni emergenziali. È di ore la notizia che il ministro del Mibact vuole rifare il pavimento del Colosseo.
L'Anfiteatro romano di Cagliari non ha insegnato nulla? Degradato, inutilizzato come luogo di spettacolo, occultato alla vista, è un monito.
Prima di scavi, restauri, “valorizzazioni” sono necessari analisi, rilievi, modelli d'impatto. Ma le chiacchiere sono più rassicuranti e veloci di azioni ponderate. Insistere sui quesiti iniziali connota dunque il livello di consapevolezza di chi si prende cura delle città storiche: amministratori in primis. Ne traccia le dinamiche. Misura la forza dell'urbano e la sua reale presenza.
Quali nel microcosmo cagliaritano? Qualche esempio. Nel 1937-1941 fu distrutto tra le vie Malta e Mameli, per un palazzo di poco pregio, un tempio-teatro terrazzato. Dedicato a Venere e Adone, fu fulcro delle nuove centralità romano repubblicane ma anche mediazione con i sostrati.
Nel 1954 il Comune cedette i due fabbricati del Mercato in Largo Carlo Felice, inaugurato nel 1856 e bello quanto la Boqueria di Barcellona. Fu ruspato per due istituti bancari.
Niente rimane della vasta area archeologica che nello spazio della Bnl restituì, per Ferruccio Barreca, il recinto di un tempio ed un colonnato ed in quello della Banca d'Italia un complesso termale di cui persiste un lacerto nel caveau. I recenti scavi a sant'Agostino integrano le thermae con un portico mosaicato e acclarano le sequenze tra le fasi punica e medievale ed i riusi, intuibili nelle scarne foto di quella mattanza archeologica.
Maria Antonietta Mongiu