Ci sono sogni, superstizioni e miti popolari. Ci sono i vizi degli italiani, nudi e crudi, raccontati con raffinato sarcasmo e umorismo. Ci sono l'egoismo e il tornaconto personale, trattati in modo grottesco. C'è tutto il genio creativo di Eduardo De Filippo nel teatro di Luca De Filippo, in scena domani (alle 21) e domenica (alle 19) al Teatro Massimo di Cagliari. Trent'anni senza Eduardo: il figlio Luca li celebra con lo spettacolo “Sogno di una notte di mezza sbornia”. Non va sul classico, su un repertorio universale e “impegnato”. Stavolta, Luca De Filippo propone una commedia paterna storica (scritta proprio da Eduardo nel 1936). Lui e la sua compagnia (Elledieffe), con la regia di Armando Pugliese, e le musiche di Nicola Piovani, inaugurano la nuova stagione del Teatro Stabile della Sardegna al Massimo: un cartellone “contemporaneo” ricchissimo che propone, tra l'altro, tre nuove produzioni, due spettacoli fuori abbonamento e tre festival.
La scelta di Cagliari da parte di Luca De Filippo per celebrare Eduardo non sembra essere casuale. «A Cagliari sono di casa, vengo fin da quando ero bambino. Oggi soprattutto per vacanza e per lavoro, ma qui a Cagliari venivamo per fare visita al signor Carboni, mio padrino e grandissimo amico di papà».
Il mito di De Filippo, storia di una dinastia di straordinari teatranti, rivive quindi in questa commedia dell'arte. «La mia ricerca teatrale in “Sogno di una notte di mezza sbornia” punta a un tipo di comicità che oggi non c'è più, che pochi attori fanno», dice. «Una comicità fondata su un modo di proporsi al pubblico con radici antiche, un recitare ingenuo, mentre le tecniche attoriali di oggi strizzano troppo spesso l'occhio a un divertimento più basso e superficiale. Che, evidentemente, non condivido».
La commedia si basa su un sogno fatto dal facchino disoccupato Pasquale Grifone: a quest'uomo compare Dante Alighieri il quale gli “regala” dei numeri che si tramutano in una vincita al lotto, con il preciso avvertimento che poi, tre mesi dopo il colpo di fortuna, arriverà per lui l'ora di passare all'altro mondo. L'avvertimento si trasformerà in un chiodo fisso nella testa di Pasquale, tanto da renderlo disperato (una disperazione non vissuta dalla famiglia che bada solo a una fortuna caduta dal cielo), e il copione è un'alternanza di euforia e paura, con un finale aperto. «Ci sono due ragioni per cui ho scelto questa commedia», spiega De Filippo, «il primo è che dopo tanti anni di teatro “serio” e “impegnato”, volevo concedermi una “vacanza” e lavorare a una commedia in cui si potesse giocare. Il secondo è che volevo ricordare Eduardo in un modo diverso dal solito. Lui stava attento a rendere tutto concreto. Io vado verso una recitazione più esasperata, più farsesca. Non nascondo», conclude, «che a distanza di trent'anni dalla morte di Eduardo sono felice di verificare che le sue opere vivono sempre bene».
Mauro Madeddu