Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Ruspe, l'ansia degli abusivi«Ci distruggeranno la vita»

Fonte: L'Unione Sarda
30 settembre 2014


MOLENTARGIUS. Parla uno dei residenti nelle case di Medau su Cramu 


«Vogliono demolirci le case? Ci distruggerebbero la vita. Sono davvero pronti a lasciare 200 famiglie e tanti bambini senza un tetto?» Si chiama Piero Camedda, ha 54 anni e da 11 abita con moglie e figlie a Medau Su Cramu, la zona attorno allo stagno di Molentargius dove, secondo un piano di cui Procura e Comune hanno cominciato a discutere la settimana scorsa, potrebbero arrivare le ruspe per eseguire decine di ordinanze di demolizione di abusi edilizi già passati in giudicato. Una prospettiva che a lui toglie il sonno e alla moglie provoca crisi di pianto. Casa loro non è una villa. «Abusiva, sì, costruita in tre anni quando il parco non esisteva ancora, con i risparmi di una vita e un prestito bancario perché non ci davano nemmeno il mutuo. Cento metri quadri per vivere in pace», racconta: «Era il nostro sogno, la possibilità di portare via le mie bambine da via Castelli: lì vivevamo in un palazzo dove abitavano tre spacciatori, uno al primo piano, uno al secondo e uno al quarto. Ogni volta che mia figlia doveva uscire di casa l'accompagnavo io. Così ho comprato questo terreno, che prima avevo in usufrutto, e ho messo su casa».
SOPRALLUOGHI E PROCESSI Su quel terreno, però, non si poteva costruire. È così che, dagli anni 60, senza pianificazione, tracciando strade e tirando su case, Medau su Cramu è stata trasformata in un quartiere residenziale fuori dalle regole. Sapevano di commettere un abuso? «Pensavamo soltanto a andare via dal degrado: non volevo che mie figlie crescessero in quel posto. In dieci anni ho avuto tre sopralluoghi della Forestale. Tre processi, uno per la casa, uno per la veranda, uno per due piastrelle messe in terra: due prescrizioni e una assoluzione perché il fatto non sussiste. La notte non ci dormivamo».
CASI A RISCHIO E la loro non è nemmeno fra le situazioni più a rischio: «La casa è accatastata, il terreno è nostro, siamo in regola con Imu, Tari, Tasi, bollette. Non abbiamo l'ingiunzione di demolizione. So di gente che ce l'ha. Gente che vive qui anche da cinquant'anni, gente che qui c'è nata. Non parliamo di ricconi con la villa ma di gente che, come noi, ha dovuto arrangiarsi, gente che magari sta ancora pagando per i quattro blocchetti che ha e in questo periodo non sta nemmeno lavorando; mettiamo che demoliscano le loro case: e dopo? Dove li mandano? Vogliono ritrovarseli davanti alla Regione e al Comune a chiedere un tetto, padri, madri e bambini?»
NIENTE CONDONO Il condono? «Qualcuno è riuscito a infilarsi nella sanatoria. Anche noi avremmo voluto farlo, nel 2006. Ma non si poteva: le aree vincolate erano escluse». Il problema è che si parla di un parco che tutela un'area di alto interesse naturalistico, un sito di interesse comunitario, con regole rigide.
Piero Camedda non riesce ad accettare l'idea che chi ha commesso un abuso per necessità debba pagare un prezzo alto come la perdita della casa: «In questi anni sono stati i residenti a occuparsi di far arrivare qui la luce e il telefono. Il Comune ci fa arrivare gli scuolabus, il postino passa. Insomma, siamo cittadini come tutti gli altri, a parte un pezzo di carta che ci dica: sei abusivo, hai sbagliato, paga 30-40 mila euro e sei in regola».
Marco Noce