Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Edera, muri anneriti e siringhe: benvenuti nel grand hotel del “buco”

Fonte: L'Unione Sarda
11 luglio 2014

VIA MAMELI. L'edificio, disabitato da 11 anni, è frequentato da tossicomani e senza fissa dimora

 

Due edifici imponenti, diroccati. A unirli, una spettacolare cascata di edera. Quello a destra, al civico 79, con un grande arco a dominare la facciata, è abbandonato da più di mezzo secolo: era la fabbrica di «acque gazzose» e «acqua di sedlitz» della ditta Imeroni, fondata nel 1853. L'altro, il 77, che fino a undici anni fa ospitava un'agenzia funebre, è il posto perfetto per bucarsi e per morire. I residenti parlano del via vai continuo, «molti purtroppo giovanissimi», in quest'angolo di via Mameli che offre 140 metri quadri di discrezione e squallore al coperto in pieno centro, più un cortiletto che un muro e una vecchia serranda proteggono dagli sguardi dei passanti: vecchie fioriere traboccanti di erbacce, giornali ingialliti, bottiglie vuote, siringhe. Tante siringhe.
L'INTERNO Pochi gradini conducono all'ingresso: la porta di metallo è scardinata, la parte inferiore del muro di mattoncini che il Comune aveva fatto tirare su (per l'ennesima volta) è stata abbattuta. Dentro, muri anneriti dal fuoco, distese di rifiuti, vecchie sedie da ufficio, materassi. Qualche mese fa una vicina ha visto dei grossi sacchi pieni di vestiti. È qui che Alessandro Salis, 40 anni, è morto per overdose martedì pomeriggio. Sempre qui, qualche anno fa, una ragazza si impiccò dentro quella che era stata la cella frigorifera dell'agenzia funebre. La trovarono di notte. La polizia, per portare via la salma, chiamò la Monia Flor di Francesco Unali. La stessa, per ironia della sorte, che in via Mameli 77 aveva lavorato per 25 lunghi anni, dal 1978 al 2003. «Quella notte fu un'esperienza tristissima», racconta il titolare della ditta, che ora ha sede in via Garigliano, tra via Po e viale Elmas: «Sia per quella ragazza, sia perché quel posto mi è caro. Le poche volte che ci passo davanti, mi si stringe il cuore».
I VECCHI PROPRIETARI Il problema, ora, è fare in modo che il grand hotel del buco chiuda i battenti in maniera stabile. Il Comune, ogni tanto, mura l'ingresso. Pochi giorni dopo qualcuno sfonda. Ma i proprietari che fanno? E chi sono? Bella questione. La ditta Unali lì era in affitto. Dal 1978 al 2003. «Quando siamo entrati - racconta Unali - era un tugurio: pavimento sterrato, niente acqua corrente. Abbiamo rifatto tutto di tasca nostra. Dentro era bello: abbiamo realizzato un soppalco che è rimasto lì e rifatto la tettoia. Fuori non si poteva nemmeno intonacare perché lo stabile è vincolato». Fino al 1990 gli Unali pagavano il canone («120 mila lire al mese») a un amministratore che rappresentava i proprietari, entrambi romani: un'anziana signora che di cognome faceva Imeroni (come la famiglia che produsse gazzosa nell'edificio accanto) e un ex funzionario di banca in pensione che di cognome faceva Pignatelli ed era stato sposato con una Imeroni. Tra inquilino e proprietari, solo contatti postali, telefonici e via vaglia. Nel '90 l'unico incontro con Pignatelli, «distinto, alto, coi baffi, molto colto», venuto a Cagliari per annunciare il decesso dell'anziana coproprietaria e, come unico proprietario, rinnovare il contratto di locazione. Nuovo canone: due milioni di lire.
L'EREDE ISRAELIANO Pochi anni dopo, a sorpresa, in via Mameli il postino recapitò una lettera in inglese. Unali se la fece tradurre da un amico: «Un signore israeliano che ci chiedeva 30 milioni di lire di affitti arretrati. Scriveva che la vecchia signora, di cui era stato ospite anni prima, lo aveva nominato suo erede». Unali si affidò a un legale. La storia dell'eredità era vera. A risarcire l'israeliano fu Pignatelli.
TRATTATIVA FALLITA Agli inizi del nuovo millennio, i proprietari telefonarono. Volevano vendere: fu l'inizio di una trattativa tesa e naufragata. «Volevano l'equivalente di un miliardo di lire - racconta Unali - noi avevamo fatto stimare l'immobile da un'agenzia che lo valutò 420 milioni. Potevamo arrivare fino a 500. Loro dissero che avevano un acquirente per 800». Fine della trattativa. Notizie di vendite, zero, anche se il figlio di Unali ricorda di aver visto, per un periodo, un cartello di inizio lavori. Nel locale, però, non è mai intervenuto nessuno. Di Pignatelli, qualche tempo fa, hanno saputo che era morto, lasciando alcune figlie.
DEGRADO FULMINEO In via Mameli il degrado è stato rapidissimo. Pochi mesi dopo il trasloco, qualcuno aveva realizzato un allaccio abusivo alla rete elettrica e collegato lo scaldabagno lasciato dai vecchi inquilini. Idem per l'utenza telefonica: l'agenzia l'aveva lasciata attiva per alcuni anni con un servizio di trasferimento di chiamata. La nuova linea, ogni tanto, squillava nel cuore della notte: «Mi hai cercato? Ho trovato questo numero sul mio telefonino». Un pusher, probabilmente.
Marco Noce