Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Maria Gadù, tutta la forza del rock

Fonte: L'Unione Sarda
3 luglio 2014


Al Massimo di Cagliari la prima di Jazz in Sardegna

 

Il nuovo ritmo brasiliano energico e meticcio
riesce, per una sera, a far dimenticare le polemiche

 


I l Brasile avanza nei Mondiali di calcio, scala i piani alti della nostra Finanza (la banca d'affari Btg Pactual, ha da poco fatto incetta di titoli di istituti di credito e ora punta a mettere le mani sulle Poste), trascina con i ritmi e le contaminazioni della “musica popular”. Così, per una notte, siamo tutti brasiliani, grazie alla musica energica e meticcia di Maria Gadù, esponente di spicco della nouvelle vogue carioca, ospite l'altra sera al Massimo di Cagliari per l'apertura della trentatreesima edizione di Jazz in Sardegna. Edizione segnata dalle polemiche per la mancata concessione dello spazio all'aperto nel Parco della Musica, che ha provocato un terremoto nella programmazione estiva del jazzfest cagliaritano.
Una serata dove a tenere banco, non è il Brasile più conosciuto, tutto samba e bossa nova, sensualità e melanconia, ma quello moderno, fatto di vibrazioni e risonanze imprevedibili, che, in un continuo rincorrersi di stili e suggestioni diverse, mescola rock, reggae, blues, funky, pop, rap.
Ventotto anni a dicembre, minuta, ma con una voce grande che scuote e si fa ricordare, la cantante-chitarrista di San Paolo (città dove è nata e vive con la moglie Lua), che qualche anno fa ammaliò Caetano Veloso, entra dal fondo della sala sorprendendo la platea. Poi, guadagna il palco raggiungendo una band elogiata a più riprese nel corso della serata (novanta minuti di concerto), che schiera la chitarra rockeggiante di Fernando Caneca, l'eclettico violoncello del talentuoso Federico Puppi, che in un assolo finale cita addirittura “'O sole mio”, un propulsivo team ritmico formato dal basso di Gastao Villeroy, dalle percussioni di Douglas Adia e dalla batteria di Nilton Santos. A zig-tra tra passato e presente, pesca dai tre album incisi, dando vita a un cammino sicuro e concreto che in apertura scorre sulle note robuste di “O tempo nao para” e su quelle più intime di “O nosso estranho amor” (uno dei pezzi forti pescati dalla scaletta del tour a due di qualche anno fa con il timido bahiano Veloso), che, dopo un po', lasciano spazio a brani come “Bela Flor”, “Extranjero”, “Anjio de guarda”, “Tudo diferente”, “Lanterna dos afogados”, “Joao de barro”. Compresa la cover di “Ne me quitte pas” di Brel, con cui Maria sfuggì anni fa a un destino che pareva confinato nei piano-bar di Rio, e, naturalmente, la super attesa “Shimbalaiè”.
Carlo Argiolas