Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Quelle due chiacchiere su una panchina

Fonte: L'Unione Sarda
18 giugno 2014


I luoghi di aggregazione

 




S ono i colori della gente e la cultura delle persone i veri arredi urbani di una piazza. Ecco perché spesso non basta una semplice operazione restyling per trasformare il luogo di una città. Che si trasforma, invece, con il cambiare degli anni, perché mutano quelle condizioni socio-economiche che sono sempre alla base scelte della massa. Ne è un esempio Cagliari, dove la nuova “città motorizzata” nei primi anni '50 ha impresso nelle persone differenziazioni cambiando abitudini, posti, scelte.
La piazza, dunque, come luogo di aggregazione, perché questo è il suo compito primario, il suo vero arredo urbano, prima ancora di spazi, panchine, fontane, cascatelle o ombreggiatura, aspetto fondamentale nel disegnare e progettare una piazza. E così il capoluogo ha visto mutare spazi consolidati: se ne sono aggiunti nuovi, se ne sono persi altri.
Se fino a 60 anni fa ritrovi per eccellenza erano via Roma con “sa passillara” (portici e la parte centrale), davanti alla farmacia “Saluz”, all'angolo tra via Manno e via Torino, piazza Yenne, quando sono arrivate le auto, la città si è frantumata: è aumentato lo spazio edificato e sono cresciute le distanze. Eppure c'era e c'è la piazza che diventa ancora il punto centrale di una città, luogo di aggregazione, di ritrovo. Come piazza Maxia, che dopo tante polemiche, ha finalmente la sua collocazione come spazio per essere davvero fruibile. «È un luogo considerato sicuro», osserva l'urbanista Pasquale Mistretta. «È passata da spazio di panchine per anziani a “corte” attrezzata per giovani». Ha cambiato poco, come aspetto, piazza San Giacomo, mentre una piazza che è sempre più ritrovo per tanti è quella di San Domenico; come altro luogo di aggregazione, anche nella sua recente trasformazione, è piazza Giovanni XXIII, quasi una sorta, come la definisce Mistretta, di «allargamento delle attività dell'oratorio». Ha cambiato volto quella che è l'attuale piazza Unione Sarda. «Inizialmente ero scettico - aggiunge Mistretta - per la trasformazione di Sant'Arennera, invece il risultato è totalmente diverso. Ho apprezzato la rampa della strada che attraversa la ferrovia. La piazza viene movimentata da incontri culturali, dagli schermi che trasmettono una partita, da celebrazioni di messe. Il cinema, poi, è un altro fattore aggregante, come la possibilità dei parcheggi, la ristorazione». Reggono bene il cambiamento alcune piazze dei quartieri storici, come piazza Santo Sepolcro e piazzetta Savoia alla Marina, mentre si è persa, almeno come luogo di aggregazione piazza San Benedetto.
È cambiato invece, e non solo come destinazione, quel grande spazio che occupava il mercato di via Pola. Al suo posto c'è una modernissima “Mediateca”, che dimostra l'utilizzazione di uno spazio chiuso come luogo di incontro e di studi, una grande piazza “indoor”, a differenza delle grandi aree all'aperto dei centri commerciali. Su piazza Garibaldi, altro luogo simbolo della città, l'urbanista Mistretta è netto: «È una piazza che ha fallito il suo compito, perché non ci ha mai vissuto nessuno, forse perché il quartiere preferisce altro».
Alessandro Atzeri