Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Giustina prigioniera in casa

Fonte: L'Unione Sarda
3 giugno 2014


VIA TEVERE. Ascensore troppo piccolo per ospitare la donna disabile e la sua carrozzina

 

«Mi salverà la pedana mobile sulle scale negata dal Comune»


 

Settantanove anni e una voglia pazza di vivere. Da donna libera. «Da vecchia libera», dice, tentando di tirar fuori le parole anche quando la rabbia scatena l'affanno e l'affanno ricaccia le parole in gola.
«La mia - racconta Giustina Loddo, madre di nove figli - è una casa-prigione, un appartamento che con il tempo è diventato invivibile per via dei miei acciacchi, per colpa di un ascensore angusto che non è in grado di ospitare me e la mia carrozzina insieme, per colpa di un Comune che non mi autorizza a sistemare sulle scale la pedana mobile perché io possa uscire, andare a messa, fare una passeggiata, insieme ai miei figli, come fanno tutte le altre persone».
LE RICHIESTE Mica chiede la luna, mamma Giustina. «Ci ammaliamo tutti, tutti possiamo finire in questo modo», spiega guardandosi gambe e piedi gonfi che fanno un male cane e impediscono il sonno, «ma quando ciò avviene la sofferenza diventa ancora più grande perché questo Paese ti impedisce di vivere quando hai un handicap». Non la nomina mai, la dignità, Gerardina Loddo, ma è questo che intende quando il pensiero corre all'Olanda, il luogo dove uno dei suoi figli vive e lavora. «Giù, in cortile, c'è un pulmino attrezzato per i disabili. Me l'ha regalato. È inutile, io lì sotto non posso arrivarci».
LA RABBIA Le ultime due volte che Gerardina Loddo ha messo piede fuori di casa per andare a farsi curare («Soffre di una malattia rara e debilitante, il Charcom-tooth che le diagnosticò la dottoressa Marrosu, a cui si è aggiunta un'embolia polmonare», racconta la figlia Stefania Feboli) ci hanno pensato i vigili del fuoco. Sollevata di peso, accompagnata giù per le scale con una barella soltanto perché nel vano dell'ascensore può entrarci solo la carrozzina. O la sedia a rotelle o Gerardina. «Un'umiliazione. Per mia madre, per tutti noi», taglia corto Stefania. «Sa cosa ci hanno detto i vigili l'ultima volta che sono venuti? Che se dovesse scoppiare un incendio, qui, sarebbero guai grossi per mamma. Possibile che dobbiamo sentire queste cose, che dobbiamo sopportare tutto questo? Siamo stati alla Asl e ci hanno dato parere favorevole per la pedana mobile, abbiamo chiesto un sopralluogo a una società specializzata e i loro tecnici hanno detto che la scala è idonea ad ospitarla. Il Comune, invece, lo stiamo ancora aspettando. Per dirla tutta, un funzionario ci ha spiegato che la piattaforma non poteva essere sistemata per l'inidoneità del luogo. Peccato che ce l'abbia detto senza mai mettere piede a casa nostra».
CASE POPOLARI Le palazzine di via Tevere, nel cuore di Sant'Avendrace, dimostrano i loro anni. Muri scrostati, cortili abbandonati. L'appartamento di Gerardina Loddo e di suo marito Salvatore (cavaliere del lavoro, anche lui con una disabilità causata dal diabete) è un piccolo paradiso nel grigiore degli edifici. «Quando siamo arrivati qui da via Podgora, nel 2004, la casa del Comune era un vero rudere. L'abbiamo rimessa a nuovo con i soldi della pensione. Lavori che non abbiamo ancora finito di pagare. Ora è diventato difficile viverci. In Comune ci hanno detto di cercarci un altro appartamento. Possibile? E questo solo per una maledetta pedana».
Andrea Piras