Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Palabanda, la rivolta mancata contro i Savoia

Fonte: La Nuova Sardegna
30 aprile 2014

Lo spettacolo teatrale di Luciano Marrocu sulla congiura di un gruppo di aristocratici nel 1812

 


di Roberta Sanna

 CAGLIARI «La vita domanda, la passione risponde». Una canzone invita ad entrare nell’atmosfera rivoluzionaria precisata nell’introduzione storico-narrativa da Luciano Marrocu, autore dell’azione teatrale presentata per Sa die de sa Sardigna sabato al Minimax, domenica in Castello e a San Gavino, poi al Garau di Oristano. “Palabanda”, il titolo e il luogo dello spirito, di spiriti liberi che Marrocu ci invita ad incontrare. In una casa tra campagna e città – entrambe piegate dal vaiolo e dalla fame “de s’annu doxi” – un manipolo di democratici esamina l’idea di ripetere l’insurrezione del 28 aprile 1794, quella per cui appunto si celebra Sa die. I personaggi, alcuni storici altri di invenzione, proposti sullo schermo (e la regia video di Andrea Lotta sarà un film in dvd a settembre) si animano poi in palcoscenico, o dissentono con lo storico, come fa efficacemente il servo Basilio di Marcello Armellino, perché il senso di certe parole, come fame o rivoluzione, dipende da chi le pronuncia. Ecco Salvatore Cadeddu, ben tratteggiato da Franco Siddi, segretario dell’Università e fervente angioyano, al centro di una delle riunioni preparatorie di quella che poi passò per “congiura” (nell’ipotesi di un appoggio di Carlo Felice per anticipare il suo regno) insieme al figlio Gaetano (il bravo Pier Paolo Frigau). Con loro Marroccu immagina, a testimoniare la partecipazione di molti preti sardi, Don Muroni (Vincenzo De Rosa), e disegna due ben riusciti personaggi di fantasia. Efisia, “figlia d’anima” di Salvatore ed educata da donna colta e libera – interpretata con sensibilità da Rita Atzeri – e il suo corteggiatore Don Lollotto, nobile quartese, ottimamente reso da Fausto Siddi.

Si parla d’amore, di libertà e di rivoluzione in un vivace colloquio. Ma se il tentativo d’insurrezione fallì sul nascere, la repressione fu inflessibile, tra ergastoli, esili e condanne a morte, commenta Marroccu. E, sempre nella doppia veste di storico e di scrittore, introduce il tono dimesso del secondo quadro, con i protagonisti riparati nel golfo di Palmas. Gaetano capisce che l’azione è altrove, (infatti proseguì mettendosi a servizio di Napoleone sino a Waterloo e oltre) mentre Efisia e Salvatore sono fermi nella speranza di un cambiamento, nelle stesse istituzioni. Pochi mesi dopo Salvatore Cadeddu verrà arrestato, impiccato e il suo corpo bruciato. Così nell’epilogo, immaginato vent’anni dopo in una casa di Quartu S. Elena, Marroccu affida al dialogo tra Don Lollottu e il servo Basilio il senso delle rivoluzioni fallite, della distanza tra ipotesi rivoluzionarie e il vero sentire, di pancia, del popolo. Filtrano notizie anche della bella Efisia. Alla fine ha sposato Don Lollotto, e ora, da qualche mese, vive ritirata nelle sue stanze, delusa, intristita. Ma qualcosa delle sue idee, anche forse solo per amore, è filtrata e germoglia nel marito, forse in altri come lui, l’idea di partire dall’uomo, dai suoi bisogni primari e tra questi mettere l’educazione, l’istruzione. Con le musiche originali di Alessandro Muroni (alle tastiere con Stefano Salis alla batteria), lo spettacolo è una produzione di Miele Amaro il Circolo dei Lettori in collaborazione con Il Crogiuolo e Teatro d’inverno.