Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Le pietre della memoria

Fonte: L'Unione Sarda
22 aprile 2014


LA CITTÀ DIMENTICATA. Nessuna didascalia informa sull'origine e l'intitolazione del tempio

Tra le vie Mandrolisai e Sarrabus i resti di una chiesa del '600 


Pochi sassi, non di più. Più che dimenticati, ignorati. Resti, tra via Mandrolisai e via Sarrabus, di cui anche gli archeologi sanno poco. Ma al di là della storia di queste pietre levigate dal tempo (apparterrebbero al rudere di una chiesa del Seicento dedicata a San Giorgio), è il destino futuro del sito che potrebbe-dovrebbe interessare gli amministratori impegnati nello sforzo - con progetti inseriti nella programmazione della candidatura di Cagliari Capitale europea della cultura 2019 - di riscoprire e riscrivere la città con la fotografia e il racconto, in questo caso dei quartieri di Is Mirrionis e San Michele. Proprio uno di questi progetti proposti dal Comune - il concorso Eureka! - è stato un invito per diversi fotografi a partecipare a un piccolo concorso sul social network Instagram. In Municipio sono arrivati diversi racconti e un partecipante, in particolare, ha spiegato come, mentre scattava immagini per il concorso, si sia imbattuto in un angolo dimenticato della città: i resti della chiesa seicentesca di San Giorgio, tra via Mandrolisai e via Sarrabus. A colpire l'autore (Andrea Mameli) non sono state le pietre che hanno resistito all'abbandono ma l'assenza di indicazioni. Impossibile quindi, per chi non conosce la storia cagliaritana, risalire all'origine del sito.
LA SCOPERTA «Quel rudere di via Mandrolisai, angolo via Sarrabus, lo conosco da più di vent'anni», racconta Mameli nel suo blog. «Ma solo domenica scorsa, quando sono andato a scattare qualche foto per il concorso #eurecagliari, ho avvertito la curiosità di sapere che cos'è e a quale periodo risale. Per appagare la mia curiosità ho interpellato l'archeologo Nicola Dessì e ho così scoperto che si tratta della chiesa di San Giorgio, realizzata presumibilmente attorno alla prima metà del 1600 per volere della famiglia Carroz».
DOMANDE Mameli pone degli interrogativi: «Sul posto manca qualsiasi informazione. Mi sembra assurdo che negli ultimi decenni nessuna amministrazione comunale si sia sentita in dovere di piantare un cartello». Ancora: «Se questo concorso, ideato a sostegno della candidatura di Cagliari a Capitale europea della cultura 2019, aveva lo scopo di far (ri)scoprire la città, allora direi che nel mio caso il risultato è stato centrato in pieno. Oggi coltiviamo il sogno di Cagliari Capitale della cultura: quale migliore occasione per il Comune di chiedere alla Soprintendenza di poterci lavorare?».
LO STUDIOSO L'archeologo Nicola Dessì si offre di scavare il rudere gratuitamente per capire se sotto le fondamenta della chiesa si nasconda qualcosa di più antico. Trentatré anni, di Perdaxius, Dessì è autore della scoperta del pozzo sacro di probabile epoca nuragica al Parco di Monte Claro: ha una certa pratica nei ritrovamenti. La sua tesi di laurea fu definita da Giovanni Lilliu, padre dell'archeologia sarda, “un monumento”. Nella sua biografica figurano diversi rinvenimenti: nel 2009 scoprì un menhir a San Giovanni Suergiu, un betilo a Tratalias, alcuni scheletri umani di epoca medievale nel castello di Acquafredda a Siliqua nel 2005, un altro pozzo sacro di età nuragica nel territorio comunale di Perdaxius. Sul ritrovamento a Monte Claro: «La scoperta si deve al caso, ma è anche vero che se non si cerca non si trova».
LA MEMORIA Sui resti della chiesa di San Giorgio si è già fatto qualche idea: «A farla edificare potrebbe essere stata la famiglia di Francesco Carroz ma occorrerebbe fare ricerche d'archivio. Per datare il rudere e avere elementi per dare un giudizio occorrerebbe scavare. Il ritrovamento di ceramiche, per esempio, sarebbe di grande aiuto. Anche dare informazioni sui ruderi come quelli di via Mandrolisai è importante». Un tassello in più per conoscere meglio le radici della nostra storia.
Pietro Picciau