Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Lo splendore dei Giganti Una grande festa di popolo

Fonte: La Nuova Sardegna
24 marzo 2014

File interminabili ieri all’inaugurazione al Museo archeologico di Cagliari


di Daniela Paba w

CAGLIARI La Cittadella dei Musei in festa, l’Archeologico strapieno di visitatori, code di folla che scendono giù fino a Porta Cristina. Cagliari ha accolto così, nel giorno inaugurale, la mostra dei colossi di Mont'e Prama che il prezioso lavoro di restauro concluso al Centro Li Punti ha riportato “a casa”: ventidue enormi statue esposte nel primo giorno di primavera. Una grande festa di popolo dopo quarant'anni di scavi, misteri, studi e attese. Il manifesto della mostra, “Il potere delle immagini”, campeggia sulle terrazze mentre il soprintendente Marco Minoja si prende l'onore e l'onere del cerimoniere in una giornata che vede insieme generazioni di archeologi, studenti di tutte le età, volontari del Fai, ricercatori del Crs4, artisti, politici e cittadini comuni. E' un riconoscersi reciproco, un momento di auto-rappresentazione collettiva nel quale il sindaco di Cabras, Cristiano Carrus, parla di “opportunità di sviluppo economico che deve farsi concreta” e della riapertura degli scavi nel Sinis che promette nuove scoperte. L'assessore regionale alla Cultura Claudia Firino nel suo primo incontro pubblico taglia il nastro dopo aver sottolineato che «la mostra è il risultato di una grande collaborazione tra enti ed istituzioni, un gioco di squadra che rappresenta uno schema replicabile, perché non è soltanto l'inaugurazione di una mostra quella che si festeggia oggi, ma di un sistema museale che mette insieme i territori, un punto di partenza per avviare un processo di sviluppo turistico e culturale». E quanto c'è, dietro il ritorno dei Giganti, in termini di percorso e di partecipazione, elaborazione e pensiero, lo ha sottolineato Minoja, salutando tra i presenti Marco Tronchetti che ha diretto gli scavi tra il 1977 e il 1979, ricordando l'enorme lavoro di restauro che è stato realizzato a Li Punti, che «da una sciarada di 5200 frammenti di pietra ha portato alla ricomposizione di trentotto figure, finché gli archeologi non hanno dovuto constatare che non c’erano più frammenti che si corrispondessero». Un lavoro collettivo frutto anche della collaborazione con le Soprintendenze di Sassari e di Roma, come raccontano le sculture, ma anche i frammenti di parti di decorazione delle statue. Lavoro importante quanto la stratigrafia degli scavi, quanto il corredo funerario della tomba numero 25, che è possibile vedere ricomposto e ancora da studiare. «Il tutto esposto in maniera limpida e insieme rigorosa – ci tiene a dire Marco Minoja – secondo un progetto di valorizzazione integrale, preludio a nuovi studi da completare con un approccio articolato e plurale, perché plurali sono i significati del ritrovamento». Presentata come un viaggio archeologico da percorrere a ritroso nel tempo, con un corridoio iniziale di foto documentarie dove si raccontano ritrovamento e restauro. Poi il museo si apre sulle due statue più grandi e complete: un Guerriero e un Pugilatore. I volontari dei Fai guidano i gruppi di visitatori, cinquanta per volta, mentre i ragazzi del ginnasio raccontano a ogni stazione i reperti e l'area dei ritrovamenti. Perché il senso di questa mostra è raccontare la storia e i territori, secondo uno schema che invita continuamente a entrare e a uscire dal museo alla scoperta di quello che siamo e siamo stati. E così la terza stazione è tutta dedicata al Sinis e alla civiltà nuragica che man mano si struttura gerarchicamente, dà importanza alle élites e alle loro sepolture. Mentre il presidente della Regione Francesco Pigliaru ascolta e sperimenta le meraviglie della tecnologia applicata all’archeologia da parte dei giovani ricercatori del Crs4, la sorpresa più affascinante dell’intera esposizione, lo scultore Pinuccio Sciola, posa per i fotografi in un “vis à vis” con le statue. Nell'ultima sala le statue sono messe a confronto diretto con i bronzetti omologhi, così come betili e nuraghi: a dire che la necropoli di Mont'e Prama è parte integrante di quella civiltà. Anche se gli occhi cerchiati del Guerriero che spiccano nel logo della mostra raccontano di maestranze arrivate dalla Siria, a mescolare stili e maniere della statuaria del Mediterraneo.