Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

I giganti bianchi, l'emozione si è fatta pietra

Fonte: L'Unione Sarda
24 marzo 2014


Alla Cittadella dei musei di Cagliari

 


 

Giganti non sono, i due pugilatori nuragici. Ma certo incutono soggezione, con il loro sguardo ieratico e quasi tremila anni di storia sulle spalle. Accanto a loro, appare piccola piccola Roberta Devoto, classe terza E della scuola media Foscolo di Cagliari, mentre presenta al pubblico l'avanguardia del plotone di arenaria  esposto da ieri al Museo Archeologico della Cittadella di Cagliari. «È bello che una ragazzina così giovane ci mostri tesori così antichi», sussurra nella calca lo scultore Pinuccio Sciola. E aggiunge: «Nessuno è più emozionato di me nell'ammirare il lavoro di questo antico collega».
Emozionato  è la parola risuonata più di frequente ieri mattina all'inagurazione della mostra temporanea “Mont'e Prama 1974-2014”. Alle 10.30 nella Cittadella c'è già una folla di aspiranti visitatori, smistata e trattenuta a stento dai volontari del Fondo per l'ambiente italiano e dai carabinieri in pensione. Emozionato («Una giornata storica») il sovrintendente Marco Minoja, che fa gli onori di casa. Segnala al pubblico la presenza di un «emozionatissimo» (e altrettanto discreto) Carlo Tronchetti: condusse la campagna di scavi sulla collina del Sinis, dove si ebbe la prova che il popolo dei nuraghi costruiva statue, non solo bronzetti.
Emozionata  si dichiara la neo assessora regionale alla Cultura Claudia Firinu: «I giganti sono il simbolo di un lavoro di squadra delle Sovrintendenze di Cagliari e Sassari, dell'Università, della Regione, del Ministero. Buona prassi, da applicare ad altre iniziative». Persino i rodatissimi dipendenti del Museo sono commossi: «Lavoro qui da trentadue anni, ma questa è un'esperienza straordinaria», assicura Mariano Defraia. L'esposizione è articolata come un percorso a ritroso nel tempo.
Il sovrintendente Minoja conduce il presidente della Regione Francesco Pigliaru, il sindaco Massimo Zedda e le altre autorità come in un viaggio simbolico verso un tesoro nel ventre della terra. Grandi foto murali documentano la storia dei 5 mila frammenti che per vent'anni hanno dormito («custoditi, non abbandonati») nei depositi del Museo nazionale. I primi due pugilatori compaiono dietro l'angolo, a sorpresa. Come nel 1974, quando riemersero dal terreno sabbioso del Sinis. Oggi sono le sentinelle di un'esposizione attesa da quarant'anni.
Maria Assunta Lorrai, direttrice generale per i Beni culturali della Sardegna, annuisce mentre gli studenti ciceroni (mobilitati ieri e oggi dal Fai) illustrano ogni tappa. Ha dell'incredibile, per i profani, il lavoro del Centro di restauro di Li Punti, a Sassari: «Si ipotizzava di ricomporre due statue. Sono arrivati a trentotto». Da ieri divise fra Cagliari e Cabras. Alla Cittadella ci sono pugilatori dal guanto armato, arcieri, guerrieri con i loro scudi. Vegliavano sui loro signori nell'ottavo secolo avanti Cristo. Fra le più antiche statue del Mediterraneo. Le prime esplorabili su schermo, in 3D, a risoluzione elevatissima. Sono davvero giganti, negli ingrandimenti al computer, ma bastano due dita per voltarle. Ha molto successo, la postazione dell'ingegner Fabio Bettia, ricercatore di visual computing del Crs4: «Con questo sistema operativo, abbiamo vinto il primo premio al Digital Heritage di Marsiglia». Roba che neanche i marmi del Partenone, al British Museum...
Daniela Pinna


Simboli di potere
distrutti da invasori

Massicci e poderosi i guerrieri di pietra biancastra. Snelli e asciutti i bronzetti. Eppure l'aria di famiglia, vedendoli affiancati, è innegabile. Il pubblico sfila commosso davanti a quelli che, a giudicare dai commenti, vede come gli antenati ritrovati. Ma lo erano davvero, antenati dei sardi? Il sovrintendente Marco Minoja non ha dubbi: «Le sculture di Mont'e Prama sono frutto di una cultura nuragica molto elevata, permeata di contatti con la tradizione orientale. Una cultura giunta a un punto di svolta».
Non hanno un unico padre, i giganti. Specifica l'archeologo Paolo Bernardini (già direttore del museo): «Molti artisti hanno lavorato alle statue. Nei pezzi più belli, come l'oplita con il manto sul petto, si vede la mano di maestri formati in Oriente, nell'attuale Siria. Esperti che viaggiavano offrendo la propria opera e che certamente hanno istruito artigiani sardi, i quali a loro volta hanno elaborato una propria tradizione». La parola d'ordine del giorno, emozione , ha un significato particolare per Paolo Bernardini: lui c'era, a Monte Prama, nel 1974. Era una calda mattina d'estate, quando palette e pennelli, frugando nella terra sabbiosa, hanno scoperto il torso di pugilatore. Un tuffo al cuore. Una gran gioia. «Ma anche preoccupazione. Ti chiedi: sono adeguato all'impresa? Come proteggeremo il cantiere?». E soprattutto: perché non scavare oltre, quando il terreno sembra chiamarti a farlo?
Non sappiamo chi ha scolpito i giganti. Né chi li ha fatti a pezzi, seppellendoli in una fossa comune sopra una precedente necropoli. «Forse i fenici, forse i cartaginesi, i nuovi dominatori». Perché una cosa è certa: i giganti esprimono potere. «Sono la celebrazione in stile orientale del gruppo dominante di quella cultura nuragica nel Sinis». La Casta dell'Ottavo secolo avanti Cristo. Ma anche il potere locale da abbattere. Per piegare un popolo. (d. p.)