Rassegna Stampa

web Cagliari Globalist

Il significato dell'8 marzo

Fonte: web Cagliari Globalist
10 marzo 2014

 

Il significato era quello intenso, profondo, totale che una ragazza di diciotto anni può dare alle cose in cui crede.[Luisa Sassu]
 


Il significato era quello intenso, profondo, totale che una ragazza di diciotto anni può dare alle cose in cui crede.

Era la mia prima vera manifestazione femminista, l'8 marzo del 1977 a Sassari. Una giornata di sole e quella sensazione di poter cambiare il mondo che ancora animava le grandi manifestazioni di piazza. Tante le cose da chiedere, ma una su tutte dominava gli slogan e gli striscioni: autodeterminazione, libertà di scelta, una legge che depenalizzasse l'aborto. Perché una legge così avrebbe messo in discussione, simbolicamente e praticamente, quel sistema patriarcale rappresentato in gran parte dalle costrizioni imposte al corpo della donna.

Fra le manifestanti, donne di ogni età e ruolo che, nonostante le differenze, somigliavano l'una all'altra.

Accadeva così, in quelle manifestazioni: ci si riconosceva. La comunanza delle idee e degli obiettivi determinava quello "scambio di pelle", quella creativa e generosa cessione di individualità al collettivo che il collettivo restituiva a ciascuna attraverso una accresciuta consapevolezza di sé, una iniezione di coraggio, tanta condivisione, e l'accesso ad un pregiato sentimento di sorellanza.

Nessuna retorica, soltanto l'austero e impietoso svelamento delle catene, contrapposto all'ambizioso e gioioso obiettivo di spezzarle, quelle catene. Ecco, l'8 marzo, in quegli anni, raccoglieva le energie, le metteva insieme, le coagulava, le rendeva manifeste e impertinenti. Energie disobbedienti. E poiché la politica (ancora) ascoltava le istanze sociali e (ancora) riusciva a rappresentarle, quella legge tanto attesa arrivò. Era il 22 maggio del 1978 e aveva il numero 194. Una legge che diventò per tutti, semplicemente, la 194: fonte inesauribile di accese discussioni; destinataria di due referendum abrogativi, entrambi respinti, in un periodo in cui i referendum abrogativi non erano vanificati dal mancato raggiungimento del quorum. Perché le idee erano coraggiose, si confrontavano per vincere, correndo il rischio di perdere, proponendo con chiarezza di votare SI o NO. Altro tempo e altra storia son toccati alla legge antagonista della 194, quella legge 40 del 2004 sulla fecondazione medicalmente assistita: sottoposta a referendum abrogativo nel 2005, è sopravvissuta grazie al mancato raggiungimento del quorum, per poi trovare un mesto ed irreversibile declino nelle frequenti pronunce della Corte Costituzionale.

Ebbene, quella indifferenza al tema del referendum sulla legge 40, che ha condotto alla sua sconfitta, ha rivelato un cedimento di tensione, una difficoltà di aggregazione e mobilitazione intorno alle idee forti che avevano sostenuto la legge 194: la scelta consapevole e libera della maternità, la salute della donna e del bambino, il rifiuto di un'eccessiva interferenza della sfera penale nella disciplina normativa di questi argomenti. Forse quelle idee forti erano date per definitivamente acquisite e intoccabili, o forse non si coglieva appieno, nelle pieghe della legge 40, quel ripiegamento clericale e reazionario che contraddiceva i principi fondanti della 194. Forse. Ma se dovessimo sintetizzare con un esempio concreto la parabola dell'8 marzo, potremmo richiamare, comparandole, due leggi che entrambe parlano del corpo della donna e dell'esperienza della maternità declinata in tutte le sue possibili espressioni. La legge 194 e la legge 40. E comparando le vicende di queste due leggi, constatando l'assurdità di un arretramento del principio di autodeterminazione, si capisce che all'8 marzo andrebbe restituito il suo significato aggregante, quella capacità di rendere manifesta la determinazione delle donne di riappropriarsi del loro corpo nella scelta della maternità, nel rifiuto dei modelli sessisti e umilianti, nel contrasto alla violenza.

Osservo con attenzione e con sollievo i segnali di una ritrovata volontà di mobilitazione intorno a questi e ad altri temi, ed è stato molto significativo, nelle scorse settimane, quel diffuso e articolato movimento di solidarietà nei confronti delle donne spagnole, ricacciate da una legge reazionaria nel tunnel dell'aborto clandestino.

YO DECIDO era lo slogan delle donne spagnole richiamato dalle manifestazioni di tutta Europa. Ancora una volta, quindi, l'autodeterminazione e la libertà di scelta.

E ancora una volta la necessità di abbattere il muro dell'indifferenza e impegnarsi tutti i giorni, nessuno escluso, in un percorso di consapevolezza. Tutti i giorni, perché sono i giorni a fare la storia, anche se ne abbiamo uno speciale per raccontarla a voce alta e chiara: l'8 marzo, Giornata Internazionale della Donna.