Rassegna Stampa

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Santa Gilla, laguna d’amianto: tra i fenicotteri mille tonnellate di rifiuti

Fonte: web SardegnaOggi.it
16 gennaio 2014

 
 

Mille tonnellate di rifiuti sulle rive, tra lo stagno e la laguna di Santa Gilla. A Cagliari, in un’area tutelata da leggi internazionali, dove nidificano fenicotteri e centinaia di specie protette l’ambiente violentato da cumuli di amianto, plastica, batterie al piombo, materiali pericolosi e scarichi abusivi. Occhi puntati dalla Asl, il Comune da quattro anni ha i soldi in cassa ma interviene solo ora.


CAGLIARI - Da una parte lo stagno, dall’altra le saline, in mezzo la laguna. Un tempo parte dell’antica città giudicale, Santa Gilla (Santa Igia) se si trovasse da un’altra parte del mondo probabilmente sarebbe un tesoro di turismo e lavoro. Invece ha la sfortuna di trovarsi in un’area di 580 mila metri quadrati racchiusa tra Cagliari, Assemini, Elmas e Capoterra, vicina a diversi stabilimenti industriali. E, da anni, colma di discariche abusive: vecchi frigoriferi, scarti di materiale edile, pneumatici, elettrodomestici, eternit, carrozzine, divani abbandonati, immancabili water rotti e addirittura un camion dentro un canale. In passato, a più riprese, la situazione  è stata denunciata sia da associazioni ambientaliste sia da esponenti politici senza che si avesse però un chiaro quadro della situazione. Che invece ora emerge dalla relazione fotografica di un professionista, Fabrizio Piras, ingegnere incaricato dal Comune di Cagliari per mettere a punto un progetto di riqualificazione dell’area degradata.

UN MILIONE DI RIFIUTI. Lo scenario che si presenta oggi è allarmante, scandaloso se si considera che lo stagno di Santa Gilla oltre ad essere di eccezionale valore naturalistico (sono presenti specie animali protette come fenicotteri, cormorani, aironi per citarne alcune) viene considerato come una delle più importanti zone umide d’Europa essendo un sito di importanza comunitaria (S.i.c) e tutelato dalla convenzione di Ramsar. Lo scempio, quantificato nel corso di diversi sopralluoghi, secondo una prima approssimativa stima, messa nero su bianco, consiste in 979,8 tonnellate di rifiuti (ovvero quasi un milione di chili) distribuiti da una parte all’altra delle sponde: per la maggior parte si tratta di inerti da demolizione tra i quali rientrano anche sostanze pericolose (810 tonnellate), rifiuti indifferenziati (56), pneumatici (22), automobili abbandonate (9,5), plastica (2,5), frigoriferi (6,5), materiali contenenti amianto (12), vetro (3) per citare i principali che vengono elencati nello studio.

LA MAPPA. Le discariche sono sparse in sei diverse località alcune delle quali non ricadenti nella zona di protezione speciale ma che rappresentano comunque “degli habitat di alimentazione, sosta o nidificazione” per gli uccelli che vivono nello stagno. Partiamo dalla statale 195 tra “Sa Illetta” e la strada per Macchiareddu dove troviamo i bacini evaporanti delle saline Conti Vecchi: “Rifiuti pericolosi come amianto presente in grossi cumuli”, assieme ad altri di varia natura”. Nella zona più vicina al capoluogo, lungo le rive dello stagno, dietro il centro commerciale Auchan tra il parcheggio e l’ex centrale Enel, regna un “abbandono incontrastato”. Dall’altro lato della centrale, sul margine della laguna a sud dell'aeroporto di Elmas, ci sono gli Acquitrini Donna Laura: “L’area è interessata dalla presenza di strutture precarie posizionate lungo la sponda della laguna con conseguente produzione di scarichi abusivi”. Idem ai confini della zona Sic nella località Corru. Vere e proprie “discariche incontrollate” sono presenti invece a San Paolo, compresa tra il nuovo molo di ponente del porto di Cagliari fino a Campo S. Gilla. La situazione è critica e “quanto mai compromessa” soprattuto nei pressi della ferrovia. Infine non va meglio, come testimoniano le fotografie, dall’altra sponda dello stagno a porto san Pietro e Giorgino.

INTERVIENE LA ASL. Il problema dell’inquinamento è noto da anni e infatti nel 2010, Cagliari, quale città capofila all’interno dell’Ufficio intercomunale per la salvaguardia della Zona di protezione speciale, di cui fanno parte anche Elmas, Assemini e Capoterra, a febbraio 2010 ha ricevuto dalla Regione un finanziamento di circa 410 mila euro per la riqualificazione dell’area. Di fatto però una volta predisposto il progetto (il 21 luglio 2011), stando alle carte in mano alla Giunta, ne sono stati spesi soltanto 6 mila 630 a causa di diversi motivi quali la rinuncia all’incarico da parte di un’impresa e di un altro professionista in questo caso “per motivi di salute” oltre a un ritardo dovuto a un rimpallo di documenti tra Comune e Regione. Il risultato è che il trascorrere del tempo ha peggiorato la situazione, come segnala la Asl in una nota del 13 agosto 2013: lo stato dei luoghi è mutato e il “degrado è crescente”. L’amministrazione comunale ha dovuto far aggiornare il progetto e ora dovrà intervenire “con la massima urgenza”.