Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Da quel “quartiere bastardo” una generazione di artisti

Fonte: L'Unione Sarda
13 dicembre 2013


Con lui al Marina Cafè Noir Gianmarco Diana, Checco Adamo, Alex P e Paolo Berria

 

Mulinu Becciu e i ricordi dell'attore Fabio Marceddu

 


«Quando ci trasferimmo a Mulinu Becciu mia sorella disse a mia madre: «Che gente brutta». Lei rispose «Dai figlia mia, sono tutti figli di Dio». E mia sorella: «Mi sa che quel giorno Dio era arrabbiato». Il pubblico del Centro comunale “Area 3” di Cagliari ride quando l'attore Fabio Marceddu scosta la tenda dei ricordi targati anni Ottanta in quella periferia urbana. Era un nuovo quartiere popolare scarsamente collegato, di polvere e di sassaiole, di scorribande in bicicletta e di teppisti in gruppi rivali. Vivere in certe vie richiedeva una grande capacità di adattamento. Ma fece da incubatore culturale a una generazione di artisti. Al Marina Cafè Noir il fondatore del “Teatro dallarmadio” ne ha parlato assieme ai musicisti Gianmarco Diana, Checco Adamo, Alex P e Paolo Berria, come lui cresciuti a Mulinu Becciu. O meglio a Mulinu Becciu 1 e Mulinu Becciu 2, tra case popolari e cooperative.
Naturalmente vivendone i contrasti. Su Planu? Già un'altra frontiera, un miraggio di case belle e gente ricca. Le cose normali, come le fogne e l'autobus, avevano il sapore della conquista. Erano anni di razzismo interno, dove erano state avanzate proposte di classi separate. C'erano gli spacciatori. «Ma molti se la fumavano: era un mercato locale a chilometro zero», smorza. Dopo è stato più facile varcare il mare e altre realtà. «Sono molto grato a Mulinu Becciu: una volta fatta una scuola di formazione come questa non avevo paura più di nulla». Così anche per il bluesman Paolo Berria. «Quel retroterra mi aiuta a relazionarmi con tutti e ad avere un'umanità maggiore», dice sfogliando cartoline della memoria in cui ritrova il sosia di George Michael, il rockabilly, il metallaro. Si fanno nomi e cognomi. Si rivivono corse a due ruote e su quell'autobus 14 guidato dall'autista con i capelli rossi. Nascevano fermenti musicali nutriti di scambi di musicassette e confronti artistici.
La musica dava un senso di appartenenza, lo scambio di musicassette una fratellanza che abbatteva le barriera dell'età e delle diversità. «Nel caso di musicisti coetanei, oggi quarantenni, non c'era rabbia o rivalsa nel fare musica», commenta il dj e bassista dei Sikitikis Gianmarco Diana. Quelle subculture giovanili non avevano però luoghi di ritrovo per la produzione. «Era un posto di frontiera dove non era facile né stare né uscire. E per andare a provare a Villasor dovevi averne voglia: significava trasportare chitarra e amplificatore in pullman», ricorda Checco Adamo, musicista e organizzatore di Marina Cafè Noir. Per lui era un quartiere bastardo. «Una realtà senza una propria identità, solo una marea di persone che si ritrovavano là. Oggi è più che vivibile ed edificano grandi costruttori. Allora no, non entrava neanche la polizia». Per Alex P, dj e sperimentatore di musica elettronica, erano tempi di prime scoperte al computer, con il Commodore. Il quartiere gli ha fornito gli strumenti del senso pratico e del cinismo, del prendere il 14 e sopravvivere. «Oggi sta diventando un nuovo avamposto - avverte - e se sei di Mulinu Becciu ci rimani per sempre».
Stasera temi della primavera araba con Raffaele Cattedra e Maurizio Memoli (alle 18, nella chiesa di Santa Chiara). Si parla di lingua alle 19 in piazzetta S. Efisio, insieme a Ivo Murgia, Marcella Ghiani, Veronica Atzei, Alessio Mura e Antonella Puddu. Poi l'omaggio a Peppino Fiori, alle 20 nella chiesa di Santa Chiara, con Jacopo Onnis, Matteo Sau e Barbara Usai. Alle 21, piazzetta S. Efisio, “Verso” con Savina Dolores Massa, Alberto Masala e Gianfranco Fedele. Alle 22, teatro Adriano, il reading-concerto “Saturno” di Serge Quadruppani.
Manuela Vacca
@ManuelaVacca