Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

«Amo le sfide difficili, la musica che si spinge ai confini di un’epoca»

Fonte: La Nuova Sardegna
11 dicembre 2013

La pianista Maria Perrotta ieri a “Musica tra le righe” Parla delle sue ultime incisioni, di Bach e di Beethoven




di Walter Porcedda wCAGLIARI

Una pianista che ama le sfide difficili e guarda lontano. Grazie a una determinazione d’acciaio e una tecnica solidissima unita a una ammirevole capacità di trasformare le pagine musicali di Bach e Beethoven in alta poesia. Maria Perrotta, ieri di scena all’Auditorium con un recital su Chopin per la rassegna “Musica tra le righe” diretta da Giulio Biddau è un talento italiano di prim’ordine indicata da alcuni come la futura Martha Argerich. Di sicuro con la musicista di origine argentina ha in comune il fatto di avere suonato incinta davanti al pubblico. Con la differenza che la Argerich si esibì alla Pergola di Firenze al quarto mese di gravidanza, mentre invece Perrotta suonò al nono mese al teatro di Lugo di Romagna (e gli organizzatori preoccupati che potesse partorire piazzarono un’ambulanza all’ingresso dei camerini). Allora eseguì le “Variazioni Goldberg” di Bach in un modo straordinario (e il titolato critico del “Corriere” Paolo Isotta l’accostò al sublime Glenn Gould). “Variazioni” registrate al Teatro del Valle occupato e pubblicate nel 2012 da Cinik records. «Si, si me la portavo sempre dietro – dice sorridendo Maria Perrotta parlando della figlia Vittoria nata in quei giorni – Ha creato dello scalpore il fatto di suonare incinta, ma in realtà stavo benissimo. Ripeto, me la portavo dietro con grande facilità». E’ di pochi mesi il salto con la prestigiosa Decca per la quale ha inciso le impegnative tre Sonate di Beethoven, 109, 110 e 111 che segnano un punto di svolta per il compositore tedesco con intuizioni e aperture di ritmo prodigiose. «Sicuramente quello che affascina un interprete – spiega Marina Perrotta – sono i momenti di grande cambiamento e confine. Questo è il caso delle tre Sonate. Sia dal punto di vista formale che strumentale. C’è qui la sensazione, come nelle ultime composizioni, che Beethoven voglia forzare il linguaggio, da un punto di vista strutturale ma pure strumentale. Queste Sonate sono così altamente stimolanti perchè spingono a guardare verso il futuro ma sono anche un momento di sintesi. Ho la convinzione che Beethoven stia guardando più al suo passato musicale che al futuro, però nel farlo accade qualcosa che lo spinge a creare dei ponti infiniti. Sono tre capolavori che parleranno ancora per molto tempo. Qui si ha la sensazione che l’autore abbia voluto mettere un punto conclusivo a un percorso». Altra scelta non scontata, anzi assai difficile e che presuppone una maturità piena è l’esecuzione in modo rimarchevole delle “Variazioni Goldberg” di Bach universalmente conosciute per la maestria della escuzioni di Gould. «Ogni scelta è una sfida a sè. Le “Variazioni”, e Bach in generale, sono state un mio amore infantile. Mi ha sempre incuriosito la scrittura polifonica. Sì le ho conosciute attraverso il mito di Gould, ma sono state sempre dentro di me sino a diventare oggetto di un live e di un disco. Con la consapevolezza di fare un’importante scelta». Nel suo excursus per un periodo si è chiusa in se stessa, passando un lungo tempo a lavorare in solitudine. Da cosa nacque questa decisione? «Meditata poco. Sono sempre stata molto istintiva nelle mie scelte pratiche. Dopo un’infanzia intensa con la partecipazione a tanti concorsi, mi è capitato di fuggire alcune pressioni. Un’istinto alla riflessione che mi ha spinto alla chiusura. Una messa in discussione di alcune scelte. C’è una parte di me che vede la carriera talvolta come una piccola violenza al mio essere pianista e artista. C’è un aspetto spettacolare di questa professione che non vivo serenamente. Il conflitto esiste. Una parte di me a quel punto si è un po’ chiusa». Bach e Beethoven, due figure di compositori straordinari ed entrambi importanti nella sua carriera. «Sono le fondamenta della tradizione musicale occidentale e per me oggetto continuo di studio, nutrimento e crescita. Qualcosa che mi proietta verso tutto il resto». Si potrebbe dire, per assurdo, che quando suona Beethoven spunti fuori qualcosa di Bach? «Senz’altro. Tutto il nostro bagaglio serve per una lettura e la cosa interessante è che a volte possiamo guardare quello che viene dopo sapendo quello che c’è stato prima».