Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Cento e mille identità Le storie ai margini di Maglietta e Baliani

Fonte: La Nuova Sardegna
29 ottobre 2013

I due attori e autori sabato a Cagliari e ieri a Sassari protagonisti di un intenso e rigoroso atto teatrale




CAGLIARI Uno spettacolo contro l’identità che comincia con un cazzotto e finisce con un sorriso. Si è aperta così la stagione dei Cada die alla Vetreria (e ieri a Palazzo di città di Sassari), con Marco Baliani e Maria Maglietta, autori e protagonisti di “Identità”. Sul concetto ambiguo i due attori hanno costruito una galleria di personaggi che si alternano sul proscenio e spariscono sul fondo, in un contrapporsi di luci e ombre, mentre si dipana una matassa di marginalità e violenza dove scorre la vita quotidiana di mille individui anonimi. Uno spettacolo che comincia con l’urlo “Chi sei tu?” con cui Baliani racconta il Secco: un tossico innocuo e fragile, che esce per sbaglio col suo cane una sera, troppo tardi, e sempre per sbaglio incontra due pattuglie di poliziotti che sfogano loro frustazioni nel pestarlo. Nella mente degli spettatori il Secco ha la faccia di Stefano Cucchi e Baliani il merito di descrivere dolore e violenza vissuti da dentro per essere guardati da fuori. La domanda rimbalza e Maria Maglietta la raccoglie per raccontare i pensieri che precedono l’omicidio di una donna vittima di violenza da parte del marito: la paura e la consapevolezza che “tutto oggi finirà”. Tre denunce per togliergli la pistola, un colpo, o due, e lei resterà ferma “perché si diventa vittime piano piano”. Nel nero del teatro, nel bianco delle luci, Maglietta ha un oggetto rosso tra le mani, una rosa, una scarpa, una cartella. Sfilano, dietro Samir che spedisce una sua foto in tuta e mitraglietta, le identità dell’ex Jugoslavia con i loro massacri, i luoghi comuni che amplificano le distanze: il popolo slavo è sanguinario, i tootzie e gli uzi diventano bestie. L’ebreo polacco Srulik, per sopravvivere ai nazisti, cambierà nome e identità. In un crescendo di paradossi brilla per rovesciamento la relazione sulla pericolosità degli immigrati che Maglietta rivela essere il documento dell’ispettorato sugli italiani sbarcati in America nei primi del Novecento, dove si consiglia di reimbarcarli e di scegliere lombardi e veneti perché dediti a lavorare a basso prezzo. E quanto ciascuno di noi sia portatore d’identità multiple, alberi genealogici pieni di buchi e mancanze, rivela Baliani mettendo in gioco il proprio nome, la propria infanzia nel Villaggio Africa nelle periferie romane piene di migranti italiani negli anni Sessanta. E qui la domanda è già diventata “Chi sono io?”. Ottimo pretesto per un dialogo immaginario sull’uomo che, a ben guardare, è rettile nell’amigdala, anfibio nel ventre della madre, abitato da batteri al punto che dovrebbe presentarsi con un noi. Finale a sorpresa con Baliani e Maglietta, un rospo e una principessa stralunati rendono omaggio al teatro ragazzi e all’identità originaria della coppia. (daniela paba)