Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

«Questa è una città ospitale»

Fonte: L'Unione Sarda
22 ottobre 2013


Parla un parcheggiatore: qualche mio giovane connazionale deve avere più rispetto
 

Babacar Diagne: coi cagliaritani pochi episodi negativi
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Il viaggio della speranza nel 2003: «Non avevo neanche diciott'anni, ero terrorizzato». Avventura obbligata, fuga da un Senegal senza prospettive: «Nella mia famiglia non c'era più da mangiare». Prima la Francia, poi Milano, fino all'arrivo a Cagliari: «Mio zio viveva qui, mi aveva parlato bene della Sardegna e della sua città più importante». Ora Babacar Diagne di anni ne ha 28. Parla un italiano fluente, divide le sue giornate tra il lavoro da ambulante e quello da parcheggiatore: «Non è una scelta fissa, dipende dalle settimane. E anche dal tempo e dalle stagioni». Permesso di soggiorno in tasca, il sogno martellante di tornare nella sua Dakar: «Vorrei mettere da parte qualche soldo per poter lavorare in Senegal. Mi manca troppo la mia famiglia. I miei genitori, i miei fratelli, le mie sorelle».
Come si trova a Cagliari?
«È una città accogliente. E i cagliaritani sono ospitali».
Tutti ospitali?
«Non proprio tutti. Esiste qualche eccezione, ma è irrilevante».
Perché è irrilevante?
«Perché tutto il mondo è paese. In tutto il mondo ci sono i buoni e qualche cattivo. A Cagliari come in Senegal».
Ha avuto esperienze negative?
«Preferisco non parlarne».
Quindi le ha avute.
«Preferisco non considerarle perché sono esperienze minime rispetto al grande affetto che ho trovato in Sardegna».
Ha amici cagliaritani?
«Tanti. Ho trovato disponibilità, cortesia. Spesso vengo invitato a pranzo o a cena da amici che mi fanno sentire in famiglia».
Perché ha scelto Cagliari?
«Ho uno zio qua, mi aveva parlato bene della Sardegna».
Cosa l'ha colpita di più?
«Il clima. È come il nostro, sembra di stare in Africa. A Parigi e Milano c'era un freddo pazzesco».
Lavora tutti i giorni?
«Quasi sempre. Mattina e sera».
Ambulante e parcheggiatore.
«Un po' l'uno e un po' l'altro. Dipende dai giorni, dalle stagioni. E dalla merce».
Nelle grandi aree di parcheggio ogni tanto c'è qualche problema.
«Possono esserci piccoli incidenti, ma senza nessun peso».
Incontrate automobilisti infastiditi?
«Può succedere, ma è raro. Ripeto: tutto il mondo è paese. E magari capita che qualche mio giovane connazionale non abbia troppo rispetto per persone più grandi di lui».
Quanto guadagna al mese?
«Qualche centinaio di euro».
Manda denaro alla sua famiglia in Senegal?
«Sì. Faccio di tutto per spedire un po' di soldi. Non voglio che i miei fratelli ripetano la mia esperienza».
Perché?
«Perché è un'avventura devastante. Qua non si sta male, ma la sofferenza e le privazioni sono tante».
È mai tornato a casa?
«Solo una volta, due anni fa. Per i miei fratelli sogno un'altra vita».
Quanti sono?
«Ho due fratelli e tre sorelle. Io sono molto più grande, loro hanno dai diciotto ai tre anni».
Che futuro vorrebbe per loro?
«Voglio che studino, vadano all'Università. E restino in Senegal».
Tornerà anche lei?
«Tornerò anch'io. Appena avrò abbastanza soldi per inventarmi un lavoro».
Giulio Zasso