Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Storie di piccole imprese che muoiono

Fonte: L'Unione Sarda
7 maggio 2008

Edilizia in crisi. Piccoli e medi imprenditori raccontano gli effetti collaterali della crisi innescata dal Piano paesaggistico
Storie di piccole imprese che muoiono
I licenziamenti, gli interessi bancari, gli effetti sull'indotto
Cagliari sente ogni giorno di più gli effetti collaterali del Ppr che ha causato la perdita di 7000 posti di lavoro nell'Isola.
Giustino Valtellino ha un'impresa di costruzioni e da trent'anni costruisce case per conto terzi. Anzi costruiva. Perché i cantieri nei quali stava lavorando sono bloccati da mesi e alternative - in attesa di modifiche del Ppr e chiarimenti su tipizzazioni, beni identitari e dintorni - non ce ne sono. Il fatturato medio degli ultimi sei anni, 5 milioni di euro, è in caduta libera. L'altro giorno ha licenziato 10 dei suoi 35 dipendenti e la banca che prima gli faceva pagare il denaro al 5,5%, ora non gli dà più soldi e su quelli che gli ha già affidato gli interessi sono cresciuti sino al 9%.
Cagliari sente ogni giorno di più gli effetti collaterali del Piano paesaggistico regionale, che secondo l'Ance ha causato un'emorragia di 7000 (leggasi settemila) posti di lavoro nell'Isola.
E non li sentono solo la Cooperativa Cento che in attesa del via libera al progetto di via Dei Valenzani paga alle banche 50 mila euro al mese di interessi passivi, o Coimpresa e Gecopre, colossi che hanno licenziato parte del personale, eroso parte del patrimonio e chiedono al Comune per ogni mese di ritardo risarcimenti rispettivamente di 2 milioni e di 600 mila euro, o le altre grandi imprese che hanno cantieri o concessioni bloccati.
Li sente Angelo S., il piccolo impresario che pochi giorni fa è andato al Comune e ha pianto disperato perché ormai sta perdendo tutto, li sente Saverio Granata, che costruiva palazzi e oggi, vinto dalle incertezze normative e da quelle che definisce «palesi disparità di trattamento da parte della Regione», ha mandato a casa 14 dipendenti su 15. Li sente quel piccolo impresario che è andato «a Intesa» per avere il via libera alla sua palazzina di tre piani e gli hanno detto no. Non capendo perché, ha chiesto di accedere agli atti ed ha scoperto che dietro il diniego non c'era alcun motivo documentato, nessuna ragione apparente. Dunque, ha pensato, arbitrio.
Li sente Giancarlo Cadeddu, direttore di una cooperativa, la Bithia, che aspetta di costruire 50 appartamenti a Pirri che sono stati bloccati perché il lotto dista 70 metri dalla chiesa di San Pietro. Un bene identitario, certamente da proteggere. Peccato che nel raggio di 70 metri ci siano altre case.Anzi, solo case. «Che paesaggio c'è da proteggere?», si chiede.
Valtellino stava costruendo 40 appartamenti a Genneruxi per conto di un'impresa. «Molti avevano prenotato una casa, ma hanno disdetto, nell'incertezza nessuno prenota più, le vendite sono compromesse. Così le banche ti bloccano gli affidamenti e ti fanno pagare di più i soldi, l'impresa per cui lavoriamo giocoforza ritarda i pagamenti, noi ritardiamo quelli ai fornitori. Se ci blocchiamo noi si bloccano i subappaltatori, chi fornisce il ferro, i piastrellisti, gli intonacatori, chi vende gli infissi, il cemento, le tegole. Se tutto ciò si moltiplica per un intero settore si capisce come sia bloccato un sistema». Hanno lucrato prima, e abbondantemente, si dirà. E questo per alcuni è vero. «Sino a tre anni fa acquistando una piccola area e costruendo si guadagnava anche il 50%, poi siamo scesi al 15-20% ora se va bene si va alla pari».
La coop di Cadeddu ha pagato l'area due milioni e mezzo di euro e, dice, «per gli interessi passivi stiamo versando 30 mila euro ogni tre mesi alle banche. Molti soci chiedono di uscire dalla coop e di riprendersi i soldi (il 10%), non possiamo programmare altri lavori perché tutto è bloccato perché anche quando potrebbero dare le concessioni gli comunali hanno paura».
Dice, Granata, che «i problemi non vengono solo dal Ppr, ma in generale dagli uffici della Regione, paralizzati anche per i nulla osta derivanti dalla vecchia legge». E dice, soprattutto, di aver scoperto sulla sua pelle «che l'istituto dell'Intesa non ha regole, si va a sentimento. Ci sono differenze di trattamento tra i piccoli e i grandi e a decidere sono gli uomini non le norme. Qualche esempio? Il campo da golf di Ligresti costruito su una necropoli, quello di Fuksas, gli impianti fotovoltaici di De Benedetti».
È tutta gente che da un anno gira per uffici e non ha mai una risposta, gente che vota a destra e sinistra e che assiste inerme al teatrino della politica. Mentre le banche strozzano ogni giorno di più.
FABIO MANCA