Soltanto il vicino ritorno al Sant'Elia mitiga l'amarezza per l'incredibile odissea della squadra
La stagione del tifoso senza la sua squadra del cuore
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Toccare il Diavolo fa scattare l'inferno. Il Milan protesta contro la squalifica di San Siro e la norma che porta alla chiusura dello stadio per i cori ingiuriosi dei suoi ultras. A Cagliari siamo avanti, perché qua lo stadio è chiuso da tempo, prima il Sant'Elia, poi Is Arenas. Ora si va verso un ritorno a casa, mentre il tifoso cerca di capire qualcosa di questo infinito tourbillon. «Ma col Catania si gioca a Cagliari?», il tifoso Nanni Spanu si trasforma da intervistato in intervistatore. «Sempre presente, in Tribuna o Distinti. E a Is Arenas avevo il mio posto in Curva Sud. Il Cagliari mi manca, perché per tutti i tifosi lo stadio è un appuntamento fisso della domenica, quasi un rito». E il Cagliari manca anche a chi sta lontano, come Antonello Erbì , che a Chiusa di Pesio, in Piemonte, attende Massimo Cellino per l'inaugurazione di un Cagliari Club dedicato al papà del presidente, Ercole: «Anche per noi emigrati è una sofferenza. E ci manca organizzare dei viaggi a Cagliari per qualche gara importante, perché è un'occasione per tornare nella nostra terra. Noi non sappiamo di chi siano le responsabilità, speriamo solo di poter rivedere il Cagliari al Sant'Elia».
Altro frequentatore dello stadio è Franco Udella , ex campione di boxe, ora presidente del Comitato regionale, ma da sempre appassionato di calcio: «È un'assenza che fa male e per la squadra è difficile giocare senza il proprio pubblico. Trieste è una sede troppo lontana e costosa per i nostri tifosi». Ora però si riaprono le porte del Sant'Elia: «E ci sarò anche io. Mi piace andare allo stadio, potrei usare la tessera Coni per stare nella Tribuna dei vips , ma preferisco stare con i miei amici, in altri settori, per poter gridare con loro da vero tifoso». Tifa per il ritorno a casa anche Sandra Mura , avvocato: «Ho l'abbonamento al Sant'Elia da oltre 30 anni. È stato triste non poter seguire il Cagliari in casa. Noi tifosi non capiamo tutto questo tourbillon. Sappiamo solo che tornare a vedere le partite dal vivo farebbe sparire tutte le polemiche di questi anni».
Chiusura con un altro tifoso d'eccezione, Jacopo Cullin , reduce dal grande successo con L'Arbitro , film targato Sardegna e ambientato nel mondo del pallone. Cullin non nasconde la sua passione per il calcio e il Cagliari: «Lo stadio manca a noi tifosi e ai giocatori. Come attore, per me giocare in casa vuol dire recitare in un teatro di Cagliari. Tutta un'altra cosa rispetto a quando recito fuori. Ma se la platea è vuota, come accade ai giocatori del Cagliari a Trieste, più che una partita sembra un allenamento». Cullin si rimette pantaloncini e maglietta e torna a essere il bomber Matzutzi: «Lui è abituato a poco pubblico, si troverebbe bene anche a Trieste, per lui l'importante è segnare. Ma il giorno della finale va sotto la curva a salutare i tifosi, fondamentali». Matzutzi ripassa la palla a Cullin: «Da tifoso sono andato in tutti i settori, Distinti, Curva e Tribuna laterale. Sono una volta, per caso, in quella centrale. Mi manca il rito domenicale della partita, per il tifoso vero la partita è quella allo stadio. Ora torneremo al Sant'Elia e io, che sono un sognatore, sogno uno stadio nuovo. Sì, sempre il Sant'Elia, perché è quella la casa del Cagliari».
Alberto Masu