Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

La vita nel manicomio elettrico

Fonte: La Nuova Sardegna
9 dicembre 2008

MARTEDÌ, 09 DICEMBRE 2008

Pagina 38 - Cultura e Spettacoli


Un grande Ascanio Celestini commuove e appassiona
Da Nuoro a San Gavino, da Tortolì a Cagliari lo scrittore e teatrante ha portato in scena lo straordinario monologo «La pecora nera»

ROBERTA SANNA

CAGLIARI. La quantità giusta per Nicola era cento. 100 di cremini, di cartocci di caldarroste, di cocomeri. «Uno» era la misura della presa in giro. Così, uno alla volta, buttava nel cestino. A scuola era “la mela marcia”, quella che non matura. Finì in osservazione al manicomio, sua madre era già lì, reparto “agitati”. Pancotti Maurizio andò a trovarlo e rimase, ciccione, appeso al cancello. Nicola stette a guardarlo, non avvertì la suora. E lei: «Tu sei pericoloso, non uscirai più». La terza notte che “si piscia sotto” gli bagnano le tempie con l’acqua e sale e ci mettono gli elettrodi. «Per accendere la luce nel cervello e far scomparire la paura. Pronto? Pronto».
La misura di Nicola diventa 35 anni. Una vita, nel «manicomio elettrico, dove tutti sembrano santi e il direttore è il più santo di tutti, è Gesùcristo». Quello andato spegnendosi, ma non subito, dalla legge Basaglia in poi.
Questo, de «La pecora nera - elogio funebre del manicomio elettrico», scritto e raccontato in modo straordinariamente coinvolgente da Ascanio Celestini, questi giorni all’Eliseo di Nuoro, al Comunale di Dorgali e San Gavino, al teatro San Francesco di Tortolì e alla Vetreria di Pirri per “Sardegna dei teatri”. Il palco, ridotto ad una striscia stretta, lascia spazio al grande pubblico della Vetreria, il racconto è un fiume, di pensieri, di episodi, di ragionamenti, (ingenui e da ridere, o acuti, illuminanti) di iperboli esilaranti e schemi narrativi che ripetono la fascinazione. Ritratti e descrizioni brevi e pungenti, che non fingono di non sapere, né fanno elegia. La poesia è tutta nella voce vetrosa di Nicola, che, registrata, interrompe ogni tanto il torrente di parole. Dice, con estrema lentezza e intensità, la scoperta del colore del mare.
Non si capacita delle sofferenze di chi ha un prato, il sole, la libertà. Lasciate a noi rinchiusi quelle pene, consiglia. Pecora nera, manco segnato all’anagrafe ma “nato nei favolosi anni’60”, mangiatore di ragni per amore, numeratore di puzze di suora, sognatore di marziani e di donne che leccano gli uomini, costretto a guardarsi da fuori, a sdoppiarsi per capire che né con la cura dell’elettricità («come dare un colpo al giradischi quando s’incanta») né con le pasticche marziane si riesce a guarire. «Perché la paura non è mica una malattia». Quando scopre il supermercato, dove la sua Marinella dell’infanzia è prigioniera dell’alienazione contemporanea, torna a farla ridere come una volta, conquistando «l’amore di un attimo». Quello «per sempre» è già perso. Ora Nicola è infelice, e la sua misura diventa tutto e nulla. Ingoiare tutto e tutto vomitare. Cibi, scatole e slogan, in una spietata allegoria del consumismo in cui si corre alle casse anche coi prodotti rigurgitati. Ma Prodotti di Qualità, si badi.
Ora che ci ha riso sopra e sopra si è commosso, nessuno spettatore può far finta di niente. E, contagiato dalle folli iperboli di Nicola, qualcuno potrebbe pensare: in teatro certi attori sembrano santi. Questo è Ascanio Celestini, come un gesùcristo racconta meravigliose parabole. Dense di sensibilità e significati sull’Italia passata e presente.
Dentro c’è più impegno politico di mille dibattiti, c’è più comicità “utile” di due puntate di Zelig. C’è la “bellezza e bizzarria” che Mario Praz vedeva nel Cunto de li cunti. Barocco e dialettale come il Basile delle favole raccontate dal basso, con l’ironia e la morale dei subalterni, di sciancati, gobbi e bavosi. Ma anche austero, elegante come Moravia nella sintassi portante il linguaggio quotidiano, nell’osservazione impietosa dell’aridità morale e dell’ipocrisia.
Un antropologo che usa orecchio, scrittura e narrazione orale. Poi la necessità arriva, non da Sheherazade, che inanellando racconti salva se stessa. Celestini salva le storie, le persone, cause e conseguenze di quelle vicende, e tutti quelli che lo ascoltano, dalla dimenticanza, da indifferenza e incapacità critica.