Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Tartit, il canto ribelle delle donne Tuareg

Fonte: La Nuova Sardegna
24 settembre 2013

 
Al Lazzaretto l’ensemble femminile conquista con il suo repertorio di brani tradizionali e moderni 
 
 
 
 
 



di Walter Porcedda wCAGLIARI Assistere a un concerto dei Tartit è come iniziare un viaggio a ritroso nel tempo nel quale si rischia di perdersi in una linea sfumata lontana dalla nostra civiltà contemporanea. Lontani, eppure vicini. L’ensemble straordinario di donne Tuareg esibitesi venerdì scorso nel cortile del Lazzaretto, per iniziativa dell’associazione Azalai, davanti a una folla straripante e attenta, riesce infatti con una musica e delle voci che inizialmente sembrano provenire da un mondo indecifrabile, a costruire un clima di familiarità solidale e complice. Quasi un rituale dello stare assieme in un clima festoso che sembra coincidere con il ritmo della vita stessa. E, non è un caso che per i Tuareg la musica, il canto e la danza occupino un ruolo centrale nella cultura e nella vita quotidiana. Sono canti di lavoro, di passione e d’amore. Raccontano la vita del deserto e l’esilio. La separazione e la nostalgia sale come un blues nell’anima, ritmato in tempi sincopati con i piccoli tamburi suonati all’unisono, accompagnato dall’arpeggiare del dgoni, strumento tradizionale usato dai griot del Mali – terra di origine delle donne Tartit – a cui si accosta con risultati stupefacenti, talvolta, la chitarra elettrica, come è il caso di quell’altro incredibile gruppo musicale Tuareg dei Tinariwen (che a differenza dei Tartit però,spinge decisamente molto oltre la sperimentazione e la contaminazione di suoni e culture). Il concerto si sfila per oltre un’ora e trenta, in un lungo rosario di musica e ritmi ipnotici che suggeriscono la trance, invitano al ballo, leggero e quasi in punta di piedi come a tratti mostrano le stesse cantanti, donne dai tratti aristocratici e fieri. Che non sono state domate dalle recenti vicissitudini belliche del Mali. Prima costrette dai jihadisti a velarsi, non suonare e cantare e poi vivere dispersi nei campi profughi tra la Mauritania, Bamako e il Burkina Faso. Destino che ha colpito anche il gruppo dei Tartit che deve lottare duramente per fare la sua musica. Una musica che prende il cuore e commuove. Fadimata Walett Oumar leader e cantante durante il set lancia un appello. Dice «Nel Sahara non c’è acqua, tutto il giorno il sole picchia duro, non ci sono confort. Ma noi amiamo il Sahara, siamo sue figlie. Aiutateci a tornare a casa».