Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Tra i doni i cosinzos per camminare con il suo gregge

Fonte: La Nuova Sardegna
23 settembre 2013

Il libro di zedda, Le scarpe di Cappellacci 
 

 
 
 
 
 



CAGLIARI Ieri pomeriggio erano in parecchi che si chiedevano cos’avesse colpito di più un papa come Francesco: se i “cosinzos”, le scarpe dei pastori, fatte a mano dall’artigiano Franco Corrias di Oliena e donate dal presidente della Regione Ugo Cappellacci oppure la riproduzione di un libro antico di cui al mondo esistono soltanto tre copie, regalo del sindaco Massimo Zedda. Il libro è l’edizione integrale del primo volume scritto da un laico sulla storia del santuario di nostra signora di Bonaria. I due doni sono stati accompagnati da parole commosse: Cappellacci ha spiegato che era «bello pensare che queste scarpe possano idealmente accompagnarla nel Suo cammino di pastore»; Zedda: «Porgo il caldo benvenuto dell’intera comunità cagliaritana unita alla sua città d’origine, Buenos Aires, dal culto comune per la Madonna di Bonaria».Il governatore e il sindaco hanno salutato Francesco in due modi tradizionali: «Deu si du paghiri», «il Signore Iddio ve lo ripaghi» e «A si biri in paxi e in saludi», «Arrivederci in pace e in salute». Cappellacci: «Oggi è un giorno speciale. Desidero esprimere nel modo più sincero la speranza che la Sua visita rappresenta per la nostra terra, e quanto la sua presenza tra noi, in questo momento, sia testimonianza di generosità nel rapporto col nostro prossimo. E’ importante che, per prime, abbia scelto di visitare Lampedusa e la Sardegna, due terre di confine, due realtà vicine che condividono il senso intimo della sofferenza di quanti lottano per riaffermare l’unicità del proprio futuro. Due luoghi centrali nel destino del Mediterraneo, sul quale hanno ripreso a soffiare forte preoccupanti venti di guerra». Nei “cosinzos” «è racchiuso il senso della fatica del lavoro...». Zedda: «Il suo invito ad un nuovo umanesimo, fondato sulla riscoperta della dignità della donna e dell'uomo e sui loro insopprimibili diritti al lavoro e a una vita degna di essere vissuta: è l'invito di un Papa che viene da lontano ma che da tutti, in Sardegna, in Italia e nel mondo, è sentito vicino, anzi vicinissimo. Prima di tutto vengono le donne e gli uomini, e primi fra tutti vengono i poveri, i deboli, gli emarginati. Noi ci collochiamo nel solco di questo insegnamento e ci adoperiamo per tradurlo in politica quotidiana. Politica che deve avere come strada maestra, per tutti i politici, il rigore, la sobrietà, la trasparenza e il disinteresse personale». Un pensiero «a quei giovani che partirono dall'Italia, dalla Sardegna per cercare fortuna in Argentina: anche oggi, Santo Padre, troppi nostri giovani sono costretti a lasciare questa città e questa terra bellissima con la speranza di trovare migliori condizioni di vita. Dobbiamo lavorare per creare qui queste condizioni». Un ricordo personale: «Penso alla mia cara nonna che non c’è più, era devotissima alla Vergine di Bonaria, avrebbe dato vent’anni di vita per essere qui, oggi, alla presenza del Santo Padre, per celebrare la sua cara Madonna». L’emozione è stata la cifra della giornata, la voglia di avvicinare il Papa e portar via qualcosa di personale ha contagiato tutti. Anche qualche sindaco, anche qualche cavaliere dell’Ordine del Santo Sepolcro: tutti con sedia sul sagrato, gli uni in fascia tricolore, gli altri col mantellone bianco. Quando il Papa si è sistemato davanti a governatore e sindaco, c’è stato uno sciamare di fasce e mantelli con telefonini e macchine fotografiche improvvisamente spuntati da sotto la “mise” ufficiale. A farne le spese tutti coloro che sono stati al loro posto nonché il decoro, e non solo quello dei fiori sull’effigie della Madonna. (a.s.)