Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

«Il mio parco? A pagamento»

Fonte: L'Unione Sarda
20 settembre 2013

Parla Bruno Paliaga: l'oasi ambientale è sospesa tra degrado e possibile rilancio

 

Il direttore di Molentargius: questo è un grande teatro

 


Nel Molentargius che vorrebbe, i polli sultani attraversano la strada ai turisti e si può respirare aria buona e archeologia industriale, toccando con mano tutti macchinari per la raccolta del sale. Magari a pagamento: «Il Parco è uno dei teatri più belli del Mediterraneo. E a teatro si compra un biglietto». Certo, la strada per trasformare una delle aree umide più belle e maltrattate d'Europa - dove convivono fenicotteri rosa e scarichi abusivi - in oasi con pedaggio d'ingresso è ancora lunga. Bruno Paliaga, direttore del Parco da novembre 2012, lo sa e comincia a preparare il terreno. Anche se, dice, è pronto a fare le valigie: «Il mio mandato scade a fine settembre. Può essere rinnovato fino a dicembre. Ma a gennaio potrei andare in pensione, sa?».
Sessantadue anni («ben portati»), esperienze nelle aree protette dei quattro angoli dell'Isola («mi mancano solo Tavolara e Porto Conte, poi le ho fatte tutte»), ha insegnato per 25 anni matematica e scienze nelle scuole medie. In due ore fuma otto Muratti. E se potesse dare un titolo all'intervista, non avrebbe dubbi: «Scriverei: noi direttori delle aree protette siamo dei gladiatori». Ex sindacalista della Cgil, ex assessore all'Urbanistica di Oristano in quota Ds, è alla guida di Molentargius e dell'oasi marina di Capo Carbonara grazie a un incarico fiduciario. Lo ha scelto il sindaco di Villasimius Tore Sanna, che poi è stato il suo sponsor per l'arrivo sulla poltrona più importante dell'Edificio Sali Scelti. Con la politica però ha un rapporto controverso: «Chi governa non ha una visione d'insieme della tutela dell'ambiente. La politica ha usato il Parco per ampliare la propria influenza. Con tutti i pregi e i difetti». Dalla politica si sarebbe aspettato un altro atteggiamento quando si è parlato dei rimborsi per il suo alloggio in albergo - a quattro stelle - quando è a Cagliari. «Mi aspettavo una difesa. Invece sono caduti dalle nuvole: l'accordo era noto a tutti. Io offro il mio tempo e la mia immagine al Parco, quella è l'unica spesa che rappresento per il Molentargius».
Ma è proprio necessario dormire in hotel?
«Non ci sto a passare come quello che spreca soldi pubblici. Io vivo a Villasimius, costerei di più all'ente se chiedessi un rimborso per la benzina. Lavoro sedici ore al giorno. Da questa esperienza sto guadagnando poco e niente in termini economici. In compenso ho perso quasi dieci chili».
Il Parco nell'ultimo ventennio è stato un pozzo senza fondo. Soldi, soldi e ancora soldi.
«Voi avete fatto un conto, 53 milioni di euro, ma quella cifra comprende anche i fondi spesi dal consorzio Ramsar. L'amministrazione del Parco esiste dal 2005. E da quella data, anche se io rispondo solo degli ultimi mesi, posso dire che non è stato fatto poco. Purtroppo abbiamo ereditato un'incompiuta. Tra poco incasseremo i 20 milioni della Regione, abbiamo appena firmato il contratto: serviranno a rifare gli argini dello stagno. L'idraulica del Bellarosa maggiore è compromessa. L'acqua non scorre più come dovrebbe. Il Parco è come un grande elettrodomestico che filtra l'acqua. E non è in classe A, purtroppo».
A proposito, qual è lo stato di salute dello stagno?
«Direi buono. Non ottimo. Ma se hanno nidificato i fenicotteri, vuol dire che tutto va bene. Non dimentichiamo che siamo al centro di una metropoli di 500mila abitanti. Servono interventi per evitare esondazioni, come quella di qualche settimana fa, dopo il nubifragio. Ma non può essere scaricato tutto su di noi: a che punto sono i piani fluviali e quelli di assetto idrogeologico dei Comuni? Non è mica roba nostra».
Come si cancella la piaga degli incendi?
«Servono delle zone cuscinetto: affianco al Molentargius passano strade a scorrimento veloce, basta lanciare una sigaretta dal finestrino e scoppia l'inferno. Comunque, molti sono dolosi. Troviamo spesso gli inneschi. Evidentemente c'è un teppista che ha fatto una scelta: romperci le scatole».
Al Parco si consuma gasolio come se fosse acqua fresca: 3mila litri in sei mesi.
«Non ci sono sprechi. L'oasi è grande e va seguita. Anche per questo, stiamo disegnando una nuova pianta organica, adeguata alle esigenze di un'area protetta di 1.700 ettari».
Assunzioni: negli ultimi mesi gli esposti alla Procura della Repubblica e i veleni si sono moltiplicati. C'è chi descrive Molentargius come l'oasi dei “figli di”.
«Tutti siamo figli di qualcuno. Ma siamo nell'ambito del gossip e basta. Si parla solo di accozzi, ma non si pensa che nel Parco ci sono grandi professionalità, che lavorano tutti i giorni e mandano avanti l'ente, nonostante le difficoltà».
Nel 2011 è stata indetta una selezione per la direzione del Parco. Poi la graduatoria è stata congelata ed è arrivato lei grazie a una convenzione con l'area marina di Villasimius. Come mai?
«Non so, forse la rosa dei nomi non era abbastanza vasta e non soddisfaceva i desideri dei vertici dell'ente».
Ma in quella lista c'era anche lei.
«Posso dire una cosa senza timore di essere smentito: non c'è nessuno in Sardegna che abbia un curriculum come il mio. Aggiungo una cosa: se ci sono veleni, è perché prima c'erano privilegi che ora non ci son più. Chi soffia sul fuoco deve stare attento: potrei essere io a portare i plichi in Procura».
A che punto è il Piano del Parco? Se ne parla dal 2006.
«Siamo alle linee guida. Ho sollecitato da poco il parere di tutti gli enti. Mancano quelli di Cagliari, Selargius e Provincia».
Quante persone visitano Molentargius ogni anno?
«Non esiste un sistema di rilevamento. Ora l'ingresso è libero. Invece si potrebbe ideare un sistema di accessi controllati. Che so, con una card magnetica da dieci euro all'anno».
Il Parco a pagamento? Viene snobbato già adesso, gratis.
«Sto parlando di prezzi simbolici, ma che consentano un minimo di autofinanziamento. E poi nell'oasi che vorrei ci sono gli steward che accolgono i turisti, li portano in giro tra i canali e le saline. Il mio desiderio è trasformare la vigilanza in accoglienza».
Cosa serve al Molentargius per non essere più un'incompiuta?
«Il mio obiettivo è puntare sulla bellezza del paesaggio e della storia. E per far questo ci vogliono soldi, scelte politiche e uomini capaci».
Qualcuno rema contro?
«So soltanto che da poco ho dovuto far installare 30 cartelli con le indicazioni turistiche. Ho chiesto le autorizzazioni a tutti gli enti competenti. Nessuno mi ha risposto. E io li ho messi lo stesso».
Michele Ruffi