Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

L'associazione senza confini

Fonte: L'Unione Sarda
9 settembre 2013


Riparte il progetto di Alfabeto del Mondo, da anni accanto alle persone svantaggiate
 

Dal 30 settembre corsi per detenuti immigrati e le loro famiglie
Un programma rinnovato e come sempre senza frontiere, non soltanto geografiche ma anche quelle che riguardano qualsiasi forma di disagio. È rivolto alle persone socialmente svantaggiate, in particolare a detenuti immigrati, ex detenuti e ai loro familiari, il progetto “Legalità senza frontiere, inclusione sociale e integrazione” dell'associazione culturale Alfabeto del Mondo.
Un'iniziativa partita nel 2011 che quest'anno, in parte finanziata dalla fondazione Banco di Sardegna, riparte con tante novità. «Verranno coinvolti anche gli operatori sociali che lavorano a contatto con gli immigrati», spiega Eugenia Mascia, presidente dell'Acam. «Frequentando i corsi di mediatore linguistico e di lingue straniere potranno avere le conoscenze che consentiranno loro di comunicare meglio con gli immigrati».
Oltre che l'acquisizione di nuove competenze, come sapere redigere un curriculum o affrontare un colloquio di lavoro, tra gli obiettivi del progetto spicca quello per migliorare la comunicazione interculturale tra detenuti stranieri e operatori del settore. Partner del progetto, patrocinato dalla Provincia, è la Caritas diocesana, che «ha un ruolo di apripista, e che assieme ai servizi sociali dei Comuni, si occupa di segnalare i soggetti svantaggiati», sottolinea Laura Tronu, ricercatrice Caritas che si occupa di immigrazione. I corsi (18 di lingue, 2 di informatica e 7 seminari), che attualmente coinvolgono 400 immigrati, 42 detenuti, 12 bambini, e 10 vittime della tratta in Sardegna, ripartono il 30 settembre. Ci saranno lezioni di mattina e di pomeriggio, per iscriversi è necessario rivolgersi all'associazione, al civico 10 in via Eleonora d'Arborea. «È stato difficile inserirli in una classe - ricorda Paola Spiga, assistente sociale. Si tratta di persone che non hanno nemmeno la terza media, e che dopo lunghi periodi di detenzione, lacerate sia fisicamente che interiormente, si vergognano. Ma con coraggio, molti di loro, ce l'hanno fatta».
Veronica Nedrini
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