Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Marco Carta, un difensore con il cuore

Fonte: L'Unione Sarda
3 dicembre 2008

Protagonisti. A tu per tu con il cantante cagliaritano, vincitore della scorsa edizione di “Amici”: anche lui scenderà in campo



«Ma io a calcio non so giocare», ti dice Marco Carta, e ha gli occhi scuri scuri di incanti passati. «Però sa cosa penso?, penso che è meglio, molto meglio così».

Mattina d'attesa, questa. E mezzogiorno diventa l'una e l'una le due, mentre la luce grigia di dicembre rimbalza sui vetri e sugli acciai dei saloni a quattro stelle. Di questa conferenza stampa che non inizia mai, Marco Carta è l'ospite - ospite nella sua città, ma ospite d'onore. Fuori, sulla scalinata dell'albergo, lo aspettano dieci e più ragazzine che a scuola non sono andate, e hanno lo smalto rosso da signora su unghiette mangiate da bambina. Le scarpe con il tacco fine. Il maglione con le trecce grosse. Ma è vero che c'è Marco Carta? , chiedono, mentre sbuffano nuvolette di freddo dalla bocca e si fanno caldo tenendosi strette. Allora, è vero? , insistono - è vero, sì, è vero nel senso che arriverà.
E Marco Carta arriverà dopo una mezzora ancora, i pantaloni che dondolano sui fianchi stretti, e quel sorriso così dolce e così strafottente mentre ti dice che no, non è colpa sua, che lui si è svegliato giusto stamattina, è l'aereo che ha fatto ritardo e da Roma non si partiva mai, «poi però siamo partiti e quando ho visto Cagliari lontana eppoi sempre più vicina, e ancora e ancora e ancora più vicina, e ho visto lo stadio e via Roma e la statua di Carlo Felice, mi è venuto da piangere. Ma è sempre così, quando torno a casa mia».
Questa volta, poi, non è solo per nonna Elsa.
«Nonna Elsa, io la amo».
Questa volta è per una partita importante, «una partita del cuore perché va giocata con il cuore», c'è la bambina Tani da aiutare, e c'è anche il suo pediatra coraggioso che va avanti, nonostante tutto - nonostante i soldi che non arrivano mai e le fatiche della ricerca e le umiliazioni di un'università difficile. «Eppoi c'è chi ha perso la casa a Capoterra, alluvione maledetta», e Marco Carta se la farà tutto a piedi, la riva di rio San Girolamo, tutta a piedi con prete e sindaco «e il cuore stretto stretto per la disperazione». Perché fare Cagliari - Canale 5 solo andata, passando per Amici di Maria , Maria sì, Maria quella, che basta il nome, come Vasco, e vincerlo, il talent show più grande della nostra televisione, vuol dire anche questo: «Mettersi al servizio di chi sta male, e io lo so, davvero, cosa vuol dire stare male». E allora non si può fare altro che stare ad ascoltarlo, questo eroe buono dentro la sua favola buona, ma una favola antica, una favola di quelle a cui oggi non siamo più abituati, tutti impegnati a combattere i nostri demoni di inquietudini e di insicurezze. Marco Carta, invece, delle sue inquietudini e delle sue insicurezze ha fatto armi e adesso che canta e vende dischi e fa concerti e Mogol il grande l'ha chiamato a giocare a pallone nella Nazionale Cantanti fra Eros Ramazzotti e Gianni Morandi e Luca Barbarossa, ruolo: difensore, lui, che a pallone non sa giocare perché gli piaceva la pallavolo, da bambino, «sino in D, sono arrivato, davvero», e allo stadio ci andava solo quando lo portavano i vicini di casa, lui dice: «Però sa penso?, penso che è meglio, molto meglio così: perché quando la gente mi vedrà in campo e capirà che non so fare niente, sorriderà due volte. E un sorriso è la cosa più bella che si possa regalare. Alla bambina Tani, e a tutti i bambini del mondo».
FRANCESCA FIGUS

03/12/2008