Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Con Daria sulle tracce della donna che si fece mistero

Fonte: L'Unione Sarda
28 maggio 2013


Alla Mem con Abate: «Non ho creato Sara: sono quella che la conosce meglio»
 

La Bignardi presenta a Cagliari “L'acustica perfetta”
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Peccato per i fischi. Quelli del microfono, beninteso, visto che anzi la platea dei lettori ha gaiamente ascoltato, sorriso e applaudito dopo aver affollato la sala conferenze della Mem di Cagliari ben oltre la disponibilità dei posti a sedere. Le due o tre bizze dell'amplificazione, in realtà, meritano una menzione giusto per il gusto del contrappasso: il romanzo che Daria Bignardi ha presentato ieri pomeriggio insieme a Francesco Abate si intitola “L'acustica perfetta” (Mondadori, 204 pagine, 18 euro)
I romanzi in realtà sono due. Il primo, microscopico, dura quanto la riga e mezza dell'incipit: “Ho amato nella vita una donna sola: quando mi lasciò, non la rividi per sedici anni”. Quel che segue, il secondo romanzo, racconta ciò che avvenne in seguito fra la donna amata e la voce narrante. Una scelta, quella di indossare una personalità maschile, che l'autrice spiega quasi come un accorgimento tecnico: la tv ha reso la sua voce troppo riconoscibile perché il lettore non finisca per sovrapporre la sua personalità a quella di una protagonista femminile. Quindi molto più asettico, dal punto di vista narrativo, assumere il punto di vista di Arno. Vale a dire un uomo ragionevole, un ottimo e dotato professionista dell'arte - è violoncellista alla Scala - democraticamente pronto a rispettare gli impegni impliciti ed espliciti che un matrimonio comporta. Molto meno pronto, però, a indagare i misteri, le zone d'ombra che si sviluppano un rapporto di coppia. Anche - o forse soprattutto - nei casi migliori.
E così all'improvviso, all'alba di un giorno come tanti, questo placido, ineccepibile coniuge deve improvvisarsi investigatore. La donna amata a memoria per sedici anni e poi ritrovata, riconquistata o più semplicemente riconquistatrice appena ha sentito la voglia di esserlo, fa un passo di lato. E scompare. Si sottrae allo sguardo di Arno e dei figlioletti che intanto sono nati e cresciuti, dai doveri quotidiani della vita familiare e da ciò che tutti - dal marito fino al lettore - si aspettano da lei. Sara decide di diventare un mistero.
A deciderlo è proprio lei: il personaggio. «Mi sono sentita una medium, o un'antenna - spiegava ieri la Bignardi - più che un'autrice: ho immaginato i personaggi e loro hanno deciso che cosa fare, come muoversi, sino al finale che in realtà ha stupito pure me. Non credevo che questa storia potesse concludersi così ma sono stati loro a scegliere, direi anche con prepotenza. Insomma, io non ho creato Arno e Sara: sono solo la persona che li conosce meglio».
Ma visto che un ruolo autoriale le spetta comunque, allora lo divide con i coautori del romanzo: «I lettori, a quali per come la vedo io resta da fare un lavoro creativo importante, pagina dopo pagina».
E pagina dopo pagina Arno si inoltra in un viaggio di formazione, di conoscenza di sé e del dolore. Che sarebbe più o meno la stessa cosa, se dai greci fino a Steiner hanno ragione tutti gli illuminati convinti che la sofferenza affini la comprensione. È un viaggio anche geografico - annotava un Abate puntiglioso nel registrare le tappe percorse dal violoncellista smarrito - che porta in giro per l'Italia e il nord Europa con frequenti e significativi passaggi in Sardegna.
Alla Mem c'è tempo anche per una svisata pop sulla voce più conosciuta di Daria Bignardi, quella dell'intervistatrice da Invasioni Barbariche . Un passaggio sulle chiacchierate più difficili, quelle con gli ospiti antipatici «invitati per dare loro la possibilità di dimostrare che in fondo non sono così. E invece si scopre regolarmente che sono proprio così». Un accenno agli anni Ottanta e al loro dimenticato dark side di eroina e di cupezza: non solo di paninazzi e musica disco si nutrirono i ragazzi dell'Italia scorsa, e i tempi di Drive In non furono tutti da ridere.
E poi via di nuovo in marcia con Arno, che da miope marito irreprensibile intanto si è trasformato in un presbite sentimentale: più la sua compagna si allontana, più nitidamente ne distingue il profilo.
«Arrivato alla fine - si sfoga Abate concludendo l'incontro - ho chiuso il libro e ho abbracciato mia moglie. Forte».
Celestino Tabasso