Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Storia e giornalismo con un’unica passione: raccontare la verità

Fonte: La Nuova Sardegna
22 aprile 2013

 

Dieci anni fa la scomparsa di una delle più importanti figure della comunicazione e della cultura. Era nato a Silanus

Peppino Fiori – di cui corre in questi giorni il decennale della morte – era nato a Silanus nel 1923, figlio di un maresciallo dei Carabinieri. Si era affacciato al giornalismo quando la guerra era appena finita. Giornalista sarebbe stato e si sarebbe sentito sino agli ultimi anni, ma con uno speciale rapporto con il mestiere. La saggistica – la saggistica storica, in particolare – divenne per lui, a partire dai primi anni Sessanta, una pratica costante che gli fruttò risultati straordinari. La sua Vita di Antonio Gramsci può essere considerata, insieme alla Vita di Cavour di Rosario Romeo, come la più influente biografia italiana di tutto il Novecento.

Non mi risulta che Peppino Fiori si ponesse il problema se o quanto il suo modo di scrivere rispettasse le regole della storiografia accademica. Di fatto le rispettava: le rispettava naturalmente, vorrei dire. La ricerca puntigliosa delle fonti, la disponibilità a esaminarle criticamente erano i primi due capitoli di una lezione per la quale non aveva avuto bisogno di Mommsen e dell'Accademia di Berlino, visto che corrispondeva in buona parte alle regole del buon giornalismo. Una lezione avrebbero dovuto invece imparare da Fiori storici, filosofi, politologici che si andavano allora affannando sui Quaderni. Per comprendere appieno ciò che in quelle pagine il comunista sardo intendeva chiarire soprattutto a se stesso occorreva leggere le lettere di Gramsci, non solo quelle ai suoi compagni di partito ma anche e soprattutto ai familiari. Bisognava capire il perchè del suo isolamento in carcere. Bisognava capire il Gramsci “sardo”, quello degli anni passati nell'isola e, quello degli ultimi anni, disposto ad appassionarsi ai temi della lingua e del mondo popolare sardi. Non meraviglia che, tra i pochissimi studiosi di estrazione universitaria capaci di trarre profitto dal Gramsci di Fiori, vi fosse Paolo Spriano, anche lui proveniente dal giornalismo. Che la storiografa italiana, pur ricca di meriti e di conquiste, sapesse produrre un numero veramente esiguo di biografie degne di interesse era un problema che solo alcuni tra gli storici accademici si ponevano.

Occorrerà attendere la straordinaria biografia di Padre Pio di Sergio Luzzato perché uno storico per così dire ufficiale fosse all'altezza di restituire, insieme al suo significato pubblico, la vicenda umana di un personaggio cosi complesso e difficile. Peppino Fiori era uno storico e contemporaneamente un giornalista, orgoglioso di essere uno storico così come di continuare a fare il giornalista. TV 7, le sue apparizioni domenicali al TG 2 ( vere e proprie omelie laiche) sono pagine indimenticabli della vicenda della Rai. Così come non deve essere dimenticata la sua direzione di “Paese Sera”. Ma, dopo il grande successo anche internazionale della biografia di Gramsci, quella delle biografie era diventata una sua autentica passione, nella quale confluivano l'interesse per la ricerca e il gusto per la scrittura. Vite di sardi, soprattutto. Sardi indubbiamente, ma che avevano percorso la propria strada – gran parte di essa, almeno – fuori dall'sola. Emilio Lussu, a cui dedicò alcune tra le sue pagine letterariamente più felici. Enrico Berlinguer, col quale non nascondeva una forte consonanza, visto che anche per lui come per Berlinguer la questione morale era questone politica. L'anarchico Schirru, condannato a morte per aver semplicemente accarezzato l'idea di uccidere Mussolini.

Pubblicò il suo libro più bello, Uomini ex, nel 1993. Erano, quelle che raccontava, storie di un folto gruppo di comunisti italiani che, nell'Italia dell'immedato dopoguerra, coinvolti in procedimenti giudiziari, si erano rifugiati nella Cecoslovacchia comunista. Uomini senza un futuro e testimoni, riuscissero o meno a confessarlo a se stessi, del fallimento del comunismo. A proposito di questo libro, nelle more di una sua presentazione a Cagliari, ricordo la difesa fatta da Peppino Fiori della sua natura di non-romanzo. Alcuni nomi dei protagonisti di quelle storie erano stati cambiati per ragioni di discrezione e opportunità, ma le storie erano quelle, quelle erano le verità raccolte in ore e ore d'intervista. Ancora una volta lo storico e il giornalista lavoravano allo stesso obiettivo. Obbedivano alla stessa passione, la passione della verità.