Rassegna Stampa

Sardegna Quotidiano

Teatri e cantanti della città che fu nelle memorie di un melomane

Fonte: Sardegna Quotidiano
19 aprile 2013

LA STORIA

 

In fila al botteghino del Lirico per rinnovare l’abbonamento, due attempati signori parlottano fitto. «Eh, certo che i cantanti di una volta... » esordisce il primo. «Ce ne sono bravi anche adesso» fa l’altro. Che poi aggiunge «Non saranno come Schiavazzi, però... ». Schiavazzi: chi era costui? La mente torna al ricordo dei racconti dei vecchi melomani della città, frequentatori abituali, al tempo che fu, del Politeama Regina Margherita. Raccontavano di un cagliaritano doc, vecchia maniera: affascinante, pronto alla battuta, spaccone. Adorato dalle donne. E strepitoso sul palco. «La voce di Schiavazzi - osservò il musicologo Rodolfo Celletti - univa allo smalto lucidissimo e alle vibrazioni intense e auree, un timbro carezzevole e malioso, di puro colorito tenorile, e un impasto duttile e morbido. Schiavazzi avrebbe potuto eccellere in qualsiasi genere operistico ». «Un tenore di grazia», lo definì il compositore Pietro Mascagni. In realtà il repertorio dell’artista cagliaritano spaziò da Verdi a Puccini, da Donizetti a Giordano, da Bizet a Rossini. Una forza della natura, che nelle recite dava tutto, unendo alla prodigiosa vocalità una presenza scenica di tutto rispetto. A ciò si aggiungevano doti recitative fuori dal comune per gli standard del tempo. Non a caso Schiavazzi lavorò anche come attore: girò una ventina di film muti, dal romanzo all’enfasi del melodramma. Pagò la sua iperattività con problemi alla voce, che lo afflissero fin dal 1911. L’INCENDIO DEL 1942 Al botteghino c’è anche un altro tipo. Quarant ’anni, o poco meno. Paga e fa per andarsene ma viene stoppato da uno dei due vecchietti: «Bene, anche i ragazzi all’opera, bravo». Imbarazzato per la qualifica - evidentemente ormai immeritata - di “giovane ”, risponde: «Merito di mio nonno, è una passione di famiglia». L’anziano ha uno scatto: «Chissà quante volte ci siamo incontrati al Politeama con suo nonno». La memoria storica cagliaritana è legatissima a quel magnifico teatro, in cui si esibì a lungo anche Schiavazzi. Inaugurato il 25 dicembre 1897, prese il nome dalla sovrana Margherita di Savoia. Locale elegante, spazioso e polifunzionale, ospitò stagioni d’opera, d’operetta e di prosa fino al 17 dicembre 1942, quando fu raso al suolo da un incendio. Fu un brutto colpo per la città, che poco dopo perse un altro tempio della lirica: il vecchio teatro Civico, devastato dalle bombe del 1943. L’INGRESSO DEGLI ARTISTI Il quarantenne esce dal teatro e sembra scoccare un’occhiata all’ingresso riservato agli artisti. Forse sta pensando alle passate stagioni del Lirico: a direttori d’orchestra del calibro di Maazel, di Kleiber. A cantanti come Ruggeri Raimondi, Erwin Schrott, Barbara Frittoli, Andrea Rost, Dmitri Hvorostovsky, che si sono esibiti qui negli ultimi anni. A recenti, magnifiche produzioni di Carmen, Don Giovanni, Traviata, Pagliacci. O magari ai racconti del nonno, emozionandosi un po’. «Quando uno esce dal teatro, è una persona migliore di com’era prima di entrarci »: chissà quante volte glielo avrà ripetuto. E lui, molto piccolo, sarà rimasto imbambolato e incantato. «Non si capisce cosa dicono quando cantano», si sarà lamentato senz’altro col nonno, che avrà risposto: «Tempo al tempo... se sei mio nipote ». O forse ancora il tipo sta pensando che uno di quei signori al botteghino davvero sarebbe potuto essere suo nonno.

Fabio Marcello