Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

«Sulla delibera Milia un sipario di carta bollata»

Fonte: L'Unione Sarda
2 aprile 2013


Usala: la Regione non ascolta, nel giro di due anni molte compagnie spariranno

Riforma dei contributi, Cosass bussa al Tar

Sono passati due mesi dalla delibera di Sergio Milia che cambiava i criteri per sostenere le compagnie teatrali, gli organizzatori di concerti e in genere gli operatori della cultura e dello spettacolo made in Sardinia.
Due mesi che hanno visto dividersi il fronte degli operatori, con la sezione sarda dell'Agis schierata per il sì a una riforma che premia chi crea occupazione stabile e molte sigle, riunite in un coordinamento che si chiama Cosass, unite nel no a un cambiamento che contrasta il precariato ma strangola le realtà più piccole e ignora (almeno quando c'è da distribuire finanziamenti regionali) il gusto per la sperimentazione e l'importanza di presidiare culturalmente le aree più fragili economicamente. Fuori dai teatri in molti hanno condiviso le preoccupazioni del Cosass: i sindaci di Cagliari, Sassari, Nuoro e Oristano, la Cgil regionale, le province di Cagliari, Sassari e del Sulcis, che hanno chiesto all'assessore regionale alla Cultura di ripensare la sua riforma. Milia finora non ha cambiato opinione né tantomeno la delibera, e adesso che è tornato a tempo pieno alla sua scrivania da assessore dopo un'infruttuosa candidatura al Parlamento i 65 firmatari dell'appello Cosass tornano alla carica. Ad esprimere le loro preoccupazioni - identiche rispetto a due mesi fa, se oggi non fossero più stringenti - è Antioco Usala, portavoce del coordinamento.
Fra le richieste inascoltate, spiega, non c'è solo quella di modificare la nuova norma, ma anche quella di discuterne. O almeno di sollevare il tema: «Nonostante le sollecitazioni dei sindaci, delle Province e della Cgil non siamo neanche stati convocati per un confronto. L'ultima iniziativa - a firma nostra ma anche di Federculture e dell'associazione delle giovani compagnie - richiamava il voto unanime (ripeto: unanime) del Consiglio regionale che chiedeva di far decollare la nuova legge 18: non abbiamo avuto risposta neanche su questo».
Da Milia?
«Non ci ha risposto nemmeno Cappellacci. E neanche Claudia Lombardo né Mario Bruno, vicepresidente del Consiglio regionale».
E quindi vi dovete fermare.
«E quindi dobbiamo continuare, nell'unico modo che resta: nei giorni scorsi, prima che scadessero i termini, attraverso il professor Andrea Pubusa e l'avvocato Gian Luigi Machiavelli abbiamo presentato al Tar una richiesta urgente di sospensiva della delibera. Questo vuol dire che tra venti giorni potrebbe esserci un'udienza per valutarla, ma potrebbe arrivare anche fra tre mesi».
Intanto la delibera ha già avuto degli effetti?
«Tanto per cominciare abbiamo dovuto presentare nuovamente le domande formulandole in base alle nuove regole, che sono retroattive. Quindi se io sapevo, nell'impostare la mia attività, che la Regione avrebbe premiato con tot punti la mia attività di coinvolgimento dei disabili o dei carcerati, per fare un esempio, ho dovuto ripresentare la domanda cancellando quell'investimento artistico e sociale e rinunciando a quel punteggio per il quale avevo lavorato. Naturalmente nel ripresentare le domande ci si cautela, e chi le formula scrive che si riserva di impugnare i nuovi criteri».
Uscendo dagli esempi ipotetici?
«Posso fare il caso del Cada die teatro, che secondo i vecchi parametri avrebbe totalizzato 99 dei 100 punti a disposizione e con i nuovi ha scoperto che la sua attività ne valeva invece 72».
E quindi perde il 30 per cento del contributo.
«E quindi perde un terzo del contributo “premiale”. Resta la quota fissa, che però è calcolata sulla media dei contributi ottenuti nei quattro anni precedenti: quindi ho immediatamente un taglio sul premio per la mia attività e si abbassa il livello del contributo di medio periodo».
Un veleno a lento rilascio.
«Non così lento, in realtà. Se facciamo il caso di compagnie storiche ma più piccole, allora i punti non arrivano neanche a 20 e un terzo del sostegno alle loro attività sparisce di colpo. Penso che nel giro di due anni in molti chiuderanno e la desertificazione culturale sarà molto accentuata».
Celestino Tabasso