Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Degrado e promesse mai mantenute, rabbia tra i chioschi

Fonte: L'Unione Sarda
2 aprile 2013


VIALE BUONCAMMINO. Le proteste


Sulla carta sarebbe dovuto diventare un viale elegante, con fontanelle, bei lampioni e mattonelle in granito in grado di risaltare la naturale luce cagliaritana. Ma la realtà mostra tutt'altro: asfalto fracassato dalle radici, buche che in alcuni tratti sembrano voragini, panchine sconnesse e dislivelli pericolosi.
Viale Buoncammino, balcone naturale su Castello e Stampace fino al porto, appare così, oggi, a dieci anni dal fantomatico progetto. Con buona pace dei commercianti che proprio su quel tratto hanno investito i risparmi di una vita. Alberto Dessì e Maria Cortis sono arrivati col proprio chiosco nell'84: «Il viale era un punto d'incontro per i giovani e tante famiglie che qui potevano far giocare i bambini - ricorda Cortis -, ma adesso chi porterebbe mai i propri figli qui? L'asfalto, così disastrato, è troppo pericoloso». Nel 2009 il Comune impose loro di modificare il chiosco perché «non conforme all'ambiente». «Potevamo chiudere e andarcene, ma decidemmo di investire i nostri soldi e realizzare due punti ristoro conformi alle richieste - aggiunge Dessì -, in virtù del fatto che, ci promisero, i lavori sul viale sarebbero cominciati presto. Un chiosco abbiamo dovuto chiuderlo due anni e mezzo fa, l'altro lo mandiamo avanti a fatica».
Stessa sorte, sempre nel 2009, capitò all'esercizio di Franco Zedda, che vista la fortunata (almeno, così gli sembrò) disposizione, chiamò Piccolo ristoro Anfiteatro. Spese anche lui dei soldi, rese il suo chiosco più gradevole e funzionale, e aspettò di veder partire i lavori. Niente da fare. «Hanno investito su Monte Claro, su piazza Yenne e piazza San Cosimo e mi sta bene, perché sono cagliaritano e ho a cuore la mia città, ma perché hanno saltato questo viale? Noi abbiamo mantenuto le promesse, ora spetta all'amministrazione fare la sua parte». Non meno disastrato appare il pavimento poco più avanti, con insuperabili barriere architettoniche specie all'ingresso degli altri due chioschi. Anna è solo dipendente al "Buoncammino", perciò non ha dovuto spendere dei soldi, «ma è un dispiacere quotidiano vedere un così bel posto abbandonato a se stesso». In prospettiva, tutti hanno reso i propri locali «conformi» all'ambiente: «Adesso però è l'ambiente - conclude Zedda - a non essere conforme ai nostri chioschi».
Michela Seu