Rassegna Stampa

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Il Poetto tra palco e realtà: come gli uomini rovinano una favola magica

Fonte: web Castedduonline.it
18 marzo 2013

    La spiaggia mai valorizzata

di
Sandro Zedda

Domenica 17 Marzo 2013 | 12:15

Rotaie roventi e infuocate per una fermata invisibile. Una fermata che forse non tornerà. Trattieni forte il fiato, perché ti porterò in quel punto preciso dove un granello di sabbia, simile a polvere dorata, ha accarezzato, per secoli, la nostra pelle. E dove l’acqua, come ad integrare un rituale liturgico di antiche tradizioni, ha avuto il sapore di un bagno religioso e spirituale per le nostre membra. Sì, perché il fascino smeraldino di quello spicchio di mare, tramandatoci nel tempo dai nostri avi, è stato quello di un bene custodito in una cassaforte senza chiave; da conservare e ammirare, nei giorni in cui il sole cagliaritano, dolce e sensibile, avrebbe impreziosito il nostro cammino lungo l’arenile. Lì, vera separazione tra il resto del mondo e la città, che fu di tanti ma rimase dei sardi, luogo d’incontro tra i sogni di un uomo normale e quel miracolo perpetrato dalla natura a ridosso della città. Tutto questo prima del ripascimento selvaggio e insensato e prima della scoperta di moderne tracce di eternit, confuse, da tempo, con le orme dei gabbiani, da sempre attenti spettatori e curiosi di tutto. Scorie dovute al sistema di sradicamento di quelle balneari e lignee abitazioni, giudicate, a torto o a ragione, un problema da affrontare e risolvere. L’opinio communis le aveva identificate, più banalmente, in barriere conservative della sabbia marina contro la furia tiranna di Eolo e Zeus.  
Capirai come un sentimento d’amore, che nasce a contatto con la storia, possa rendere entusiasmante e stimolante il delicato respiro delle fragranze che avvolgono il Golfo di Cagliari. Niente può descrivere meglio la grandezza di quell’arco, se non la sublime immagine restituita dal racconto biblico sulla Sella del Diavolo, volto ad idealizzare, in uno scontro tra il bene e il male, la magia tenebrosa di quella roccia e la grazia di quel luogo. Come se si allungasse in un lembo di mare aperto, disegna un riferimento toponomastico, per gli abitanti della terra ferma e non solo. Tutto, da Marina Piccola e per sette chilometri, si erge ad accogliere, per gran parte dell’anno, una varietà di colori, che riflette un’anima divina nella sua genesi. Come in un palco, rubano la scena, per diventare attori protagonisti di una sceneggiatura unica, che irrompe sullo specchio d’acqua baciato da lampi intensi di luce e aria. Sono precise testimonianze di un luogo incantato, ma anche cantato dai semplici innamorati della vita di tutti i giorni. Lì, in quel braccio di mare e di soave beatitudine, il primo e tenero abbraccio o le prime risate con gli amici, in quei “baretti” che, ancora, conservano un’anima semplice, in ragione della loro esistenza in quel luogo preciso. Il “Chiosco”, nella città di Cagliari, nasce, si sviluppa e abita al Poetto.
E’ importante e decisivo che il sogno o l’illusione di qualcosa di stupefacente, che il Creato ci ha lasciato in dono, trovi un’unione d’intenti tra gli uomini che, su questa terra, sono deputati ad assumere decisioni al riguardo. A volte, troppo spesso, i provvedimenti, umani e irrevocabili, si sono rivelati fallaci. Decisioni orientate, si spera oggi, verso uno sviluppo economico e turistico, ma anche attente ai bisogni dell’ambiente e dell’uomo, veri centri del mondo. Decisioni a cui noi guardiamo con benevolenza e ottimismo, ma che desideriamo non vengano protratte in eterne analisi e progetti senza fine. Cagliari ha bisogno del Poetto per vivere e per continuare o iniziare, finalmente, ad amare se stessa!