Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Festival della Scienza: quando Giacomo Balla “uccise il chiaro di luna”

Fonte: L'Unione Sarda
13 novembre 2008

 Chiusura con Giorgio Pellegrini



Il rapporto tra arte e scienza è sempre stato molto stretto. Basterebbe pensare che nel Cinquecento Copernico con la sua teoria eliocentrica, fondata su basi rigorosamente scientifiche, aveva decretato la fine di tutte le certezze e presunzioni che all'uomo rinascimentale derivavano dalla concezione geocentrica di Tolomeo. Ne risultò infranta la tradizionale concezione dell'uomo al centro dell'universo. Fu il principio della crisi del concetto di forma, che si ripresenterà nel corso dei secoli e che avrà il suo culmine nella produzione artistica delle Avanguardie del Novecento.
A parlarne, martedì all'Exmà di Cagliari, l'assessore comunale alla Cultura e docente Storia dell'arte contemporanea e Storia dell'architettura contemporanea Giorgio Pellegrini, che ha chiuso ufficialmente il Festival della Scienza. Se per gli artisti del 1800 fu fondamentale il confronto con la macchina fotografica che, precisa ed economica, rimaneva comunque un mezzo freddo e meccanico, incapace di cogliere ciò che non è materialmente visibile, il sentimento, il movimento, la soggettività, all'inizio del Novecento fu il Cubismo a diventare quasi il portavoce artistico della teoria della relatività di Einstein. Quando Picasso, nel 1910, dipinge il Ritratto di Vollard , rinunciando a qualsiasi tipo di verosimiglianza, passa dalla monofocalità alla polifocalità, scompone il soggetto e lo spazio che lo circonda per rappresentare la realtà non come si vede ma come è.
Furono poi i Futuristi a fare delle scoperte scientifiche e tecnologiche, della velocità e della luce elettrica, il fondamento della propria poetica. Giacomo Balla dipinge Lampada ad arco (1909) che, come scrive Marinetti, “uccide il chiaro di luna”; rifacendosi alle ricerche della cronofotografia, studia il movimento in modo analitico e lo rappresenta secondo una successione spazio-temporale come in Bambina che corre sul balcone (1912); poi va oltre: mentre Umberto Boccioni, “pseudo-scienziato”, va formulando la sua teoria del dinamismo, Balla dipinge Mercurio passa davanti al sole (1914) che, nella completa sintesi delle forme, sembra descrivere la sua nuova “dimensione copernicana”.
Un rapporto costante, più o meno profondo, quello tra arte e scienza, a volte taciuto, altre confessato. È il caso di Kandinskij nella dichiarazione che a favorire il suo cammino verso l'astrattismo fu la divisione dell'atomo. Lo stesso artista, ormai anziano, a Parigi iniziò a collezionare atlanti di microbiologia che gli dovettero suggerire l'immaginario iconografico che ritroviamo in Azzurro cielo (1942). E se il Surrealismo, grazie ad un'intuizione di Breton, sfruttò le infinite possibilità di applicazione della psicoanalisi di Freud all'arte, nei primi anni '30 Tatlin, rifugiatosi nel miraggio del progresso scientifico-tecnologico, progettò il Letatlin, una macchina volante, molto vicina a certe utopie leonardesche, che sperava potesse realizzare il suo sogno di vedere la gente volare liberamente su Mosca.
MARZIA MARINO

13/11/2008