Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Sant'Elia: il rione palcoscenico Mille abitanti per un melodramma

Fonte: L'Unione Sarda
21 febbraio 2013


L'EVENTO. Il quartiere protagonista della performance artistica “Piccolo caos”


Che cosa accade stamane di importante a Sant'Elia? Che il grande progetto “Piccolo Caos” entra nella sua fase operativa. Conferenza stampa al Lazzaretto per invitare tutti gli abitanti di Cagliari ma soprattutto quelli del rione ospite ad essere protagonisti della realizzazione di un'opera collettiva (un video-sceneggiato) che sarà espressione dell'anima del quartiere e della sua gente. Si tratta di un melodramma in tre atti di Marinella Senatore, promosso dai Musei Civici di Cagliari e curato da Connecting Cultures. Oggi viene lanciato quello che tecnicamente si chiama open call : una chiamata aperta a tutti che mira a reclutare quelli che diventeranno i protagonisti di ogni fase della produzione artistica. E, siccome serviranno circa mille cittadini, è chiaro che da qui alle prossime settimane il quartiere sarà non più periferia ma centro di un momento di cultura condivisa.
VALORE SOCIALE Al di là degli aspetti tecnico-artistici, argomento oggi al centro della conferenza stampa, è indubbio che l'operazione punta a spezzare catene di isolamento e lenire pregiudizi. Quindi, il suo valore sociale è destinato a pesare forse maggiormente di quello strettamente legato al prodotto-spettacolo finale. Come è innegabile che la reazione degli abitanti di Sant'Elia sarà una componente non da poco nella riuscita del programma di lavoro. Ed eccoci, dunque, fra le strade del quartiere per capire come viene accolta l'idea.
ENTUSIASMI Al Bar Marcus, Stefano Limbardi, barista, 33 anni non ha dubbi: «Ottimo. Si ravviva la zona anche da un punto di vista commerciale e si migliora la vita sociale del nostro rione». Pochi passi più in là c'è il Tabacchi dove lavora Miriam Galasso, 47 anni: «Sono qui da trent'anni, conosco gli abitanti, so che sapranno collaborare a questa bella idea». Sara Sanna, parrucchiera, da 23 anni gestisce l'omonimo salone: «Non può che farci bene un progetto così. Potrebbe ripetersi ciò che è successo quando hanno girato “Bellas Mariposas”. Si ribalta l'immagine della nostra zona: non inutile periferia». Dello stesso parere Luisa Sanna (non sono parenti), 53 anni, al taglio: «Bellissimo. Ben venga tutto ciò che può valorizzarci».
PRIORITÀ Fra le strade interne e quelle che si affacciano al mare, nessuno è disposto a bocciare l'idea. Ma in diversi fanno notare che le priorità sono diverse. «Ma quale palcoscenico e palcoscenico, guardatevi intorno e ditemi se non c'è ben altro prima da sistemare», la giornalaia Liliana Sanna, 60 anni, mette il dito sulla piaga. Laura e Paolo Corona che gestiscono la cartolibreria a San Bartolomeo le fanno eco: «Vedete un ufficio postale? No. Vedete un bancomat? No. Vedete dei brutti palazzoni? Sì». Matteo Porcu, 30 anni, è un libero professionista: «Non basta un piano singolo e via. Riflettori accesi per una notte e poi le luci si spengono per il resto dell'anno. Il progetto è bello e interessante. Le riqualificazioni passano sì attraverso la cultura ma se non viaggiano di pari passo con quella ambientale e strutturale rischiano di restare monche. Accoglieremo con entusiasmo la costruzione dello spettacolo. Però dateci anche i servizi essenziali».
Francesco Abate

 


Progetto
L'obiettivo
è ridisegnare
il tessuto
della città
“Piccolo Caos” è il secondo step del progetto “Mondi Possibili - re-inventing the city” dell'amministrazione comunale. Una strada aperta da “I Dormienti” di Mimmo Paladino: le cinque sculture acquisite dal Comune e collocate nelle vasche d'acqua dei Giardini pubblici su cui si affaccia la Galleria comunale d'arte.
La filosofia è chiara: creare un nuovo itinerario che mira a interpretare la cultura nel suo senso più profondo come relazione e scambio, svestirla di quel suo abito elitario, per puntare alla partecipazione e coinvolgimento attivo della cittadinanza. Il percorso tracciato dal progetto mira a fare di Cagliari un laboratorio di sperimentazione capace di attrarre le migliori modalità artistiche, una città policentrica con una geografia culturale che vede i Musei Civici come centro propulsore di un processo di lettura e riscrittura delle trame urbane. Su tutto emerge chiaramente la volontà di combattere l'idea delle periferie intese come non-luoghi disabitati dalla cultura.

 


Casti del Chourmo
Il caso Marina:
la cultura
cambia i luoghi
Quanto l'identità di un rione può cambiare grazie a un'azione culturale? Forse la miglior risposta la può dare Giacomo Casti, 40 anni, anima del Chourmo, l'associazione che dal 2003 con il festival Marina Café Noir ha contribuito a ribaltare l'immagine della Marina. Operazione andata di pari passo con gli investimenti di commercianti illuminati, di ristoratori lungimiranti e con la riqualificazione edilizia di un quartiere una volta malfamato e oggi centro di vita culturale, turistica e ricreativa.
Come avete trovato il rione quando siete arrivati?
«Tra la fine degli anni Novanta e gli inizi del 2000, quando il gruppo che ha poi costituito l'associazione iniziò a frequentare con stabilità alcuni spazi della Marina (bar, botteghe artigiane, negozi) il quartiere, soprattutto nella sua parte alta, aveva poca vita sociale, specie notturna, e subiva la chiusura delle sue scuole storiche, l'Artistico e l'Azuni, con il conseguente calo e abbassamento della vitalità e socialità».
Quanto pensate di averlo cambiato?
«Difficile dirlo. È indiscutibile che in 10 e più anni di Cafè Noir il quartiere sia cambiato in maniera evidente, spesso non nel modo da noi auspicato, ma, in base ai parametri e i punti di riferimento adottati, si possono fare differenti analisi e ragionamenti. Senz'altro progetti come il festival hanno contribuito a caratterizzare Marina come spazio di cultura, ma ne hanno poi amplificato anche il carattere notturno, da movida, con relative problematiche di convivenza».
Chi sono stati i vostri alleati?
«Gli spazi informali del quartiere che sono diventati con noi nel tempo presidi culturali. Penso al Caffè Savoia, ad Oz, al laboratorio Raku, allo Spazio P, all'Ampurias, al Mana Manà. Ai tanti residenti che negli anni hanno contribuito in mille modi, alle numerose associazioni (Miele Amaro, KaraLettura) che hanno creduto nei progetti culturali condivisi, alla storia di ospitalità e convivialità che comunque i quartieri portuali hanno e mantengono. (f.a.)