Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Bloccati pagamenti per 9,3 miliardi di Regione e Comuni

Fonte: La Nuova Sardegna
20 febbraio 2013

 

Sotto accusa nell’isola le pubbliche amministrazioni: devono ad aziende e artigiani una montagna di denaro

    pubblica amministrazione
    imprese






di Pier Giorgio Pinna

SASSARI. Il nuovo ko rischia di rivelarsi mortale. In Sardegna il primo colpo, un secco uno-due, è arrivato dalla stretta delle banche e dalla morsa nel recupero crediti. L’altro, un uppercut ancora più violento, lo sta provocando il blocco nei pagamenti dei lavori da parte della pubblica amministrazione. Aziende industriali, imprese artigiane e tanti professionisti sono così in debito d’ossigeno. Con le fatture congelate si ritrovano in una spirale senza uscita: i ritardi accumulati da Regione, Province e Comuni li stringono all’angolo, quasi senza possibilità di reazione. In tutto, gli enti devono versare quasi 10 miliardi: per l’esattezza, la cifra raggiunta è di 9mila e 327 milioni. Di questi soldi, oltre 6,5 miliardi sono dovuti dalla Regione (col settore della sanità in pole position), 815 milioni dalle 8 Province e poco meno di 2 miliardi dai Comuni, anche se non tutti i 377 sindaci dell’isola sono chiamati in causa. Ce n’è infatti qualcuno virtuoso. Ma la somma messa in freezer dalle amministrazioni municipali, soprattutto per via del Patto di Stabilità, ammonta comunque, alla resa dei conti, a 1.893 milioni di euro.

È una montagna di denaro. Che, se riversato di botto sull’asfittica economia sarda, avrebbe conseguenze positive immediate. I più recenti aggiornamenti su questa tendenza a ritardare i pagamenti, che negli anni ha conosciuto solamente trend negativi, emergono da uno studio fatto su scala nazionale. L’inchiesta è stata condotta a termine dal Bureau van Dijk nella banca dati AidaPa per il “Sole 24 Ore” con riferimento a Province e Comuni e dalla Corte dei conti per le Regioni. La Sardegna risulta nella media più compromessa, quelle delle aree centro-meridionali. E il report, con le sue cifre allarmanti, fotografa, un fenomeno in grado di far crollare colossi imprenditoriali. Figuriamoci la fragile massa di piccole aziende che nell’isola costituisce il 90% del tessuto economico.

Ci sono a ogni modo situazioni peggiori della Sardegna. Lazio, Campania e Puglia occupano le posizioni meno invidiabili in graduatoria, rispettivamente con 18,5, 14,4 e 14,1 miliardi di debiti. L’isola è al sesto posto in classifica.

La parola chiave per capire questo trend così sfavorevole per gli imprenditori, gli artigiani, gli ingegneri, gli architetti, gli avvocati e tutti gli operatori che hanno rapporti stabili con le pubbliche amministrazioni è dunque una sola: “residui passivi”. Che cosa significa? Il termine indica le spese impegnate da Regione, Comuni, Province e poi non versate ai creditori. Si chiamano così perché ogni anno i numeri vengono riportati nei bilanci degli enti sino al reale pagamento delle somme dovute. E naturalmente, al di là del linguaggio economico, va da sé che le stesse cifre rappresentano poi un effettivo passivo nei conti delle imprese, sebbene dal punto di vista nominale figurino come crediti.

Tra i settori più colpiti, nell’isola c’è l’edilizia. Ma a doversi difendere dagli assalti derivati dai continui “no” collezionati al momento del saldo ci sono poi fornitori e titolari di aziende che assicurano essenziali servizi agli enti. Insomma, il sistema delle imprese sardo è al tappeto, e questa radiografia impietosa lo mostra in tutta la sua gravità. Potranno farlo risollevare solo modifiche nelle rigide regole del Patto di Stabilità o un nuovo flusso di finanziamenti freschi.