Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Lirico primo in classifica per i costi delle recite

Fonte: L'Unione Sarda
12 novembre 2008




In tempi normali se si parla di “virtuosi della lirica” vengono in mente tenori e ugole pregiate. In queste ore, che per la lirica italiana tutto sono fuorché normali, virtuosi possono definirsi solo i teatri con i bilanci in utile e i conti a posto: gli altri rischiano solenni sforbiciate ai contributi statali. Sarà il ministro dei Beni culturali, Sandro Bondi, ad annunciarlo questa mattina ai soprintendenti delle tredici fondazioni che reggono i teatri italiani, più o meno tutti in debito d'ossigeno e afflitti da ricorrenti scricchiolii contabili.
Un ritorno al passato per il Lirico di Cagliari, che ha recentemente affrontato una campagna di risanamento nel segno dell'austerità (nell'ufficio del soprintendente Maurizio Pietrantonio si discutevano anche i colpi di lesina alla bolletta del telefono). Per il dopo-dieta il ministero (in quel momento guidato da Francesco Rutelli) aveva fatto intravedere elargizioni più generose per le fondazioni parsimoniose, ma ora la situazione volge di nuovo al brutto: con la finanziaria il Fondo Unico per lo spettacolo passerà da 560 a 379 milioni, con un conseguente crollo nel sostegno economico ai teatri. Ovvio che in un momento così cupo l'unica scelta possibile per i soprintendenti e i loro staff è opporsi come possono ai tagli e mostrarsi il più possibile “virtuosi”, appunto.
Ieri però una tabella pubblicata dall'agenzia di stampa Ansa indicava il teatro cagliaritano come quello con le spese più alte per i cachet e gli allestimenti degli spettacoli: «Ammonta in generale a 92 milioni e 700 mila euro il costo dei cachet per le 13 fondazioni liriche italiane. Mentre la spesa per gli allestimenti è di 22 milioni 600 mila euro. Il costo medio per recita prodotta calcolato su cachet e allestimenti varia da un minimo di 10 mila 452 per l'orchestra di Santa Cecilia ai 116.440,9 del Teatro lirico di Cagliari». Dati seccamente respinti da Massimo Biscardi, direttore artistico di via Sant'Alenixedda: «Sono basati su calcoli inesatti, e lo dimostrerebbe già l'accostamento tra il Lirico e Santa Cecilia, che fa musica sinfonica e quindi non può che avere costi di rappresentazione del tutto diversi dai nostri. Ma a parte questo, è pensabile che La Scala abbia costi più bassi dei nostri? Come potremmo avere i bilanci in pareggio, se così fosse?». Il fatto, spiega Biscardi, è che il Lirico ha molti meno dipendenti fissi della Scala, e quindi per una produzione ricorre molto di più agli “aggiunti” i cui compensi finiscono tra i costi della recita, al contrario degli stipendi dei contrattualizzati. «Quanto ai cachet dei cantanti - è la conclusione - paghiamo meno degli altri teatri italiani, visto che ci siamo dati un tetto inferiore ai 17 mila euro indicati dal ministero come soglia massima, mentre dai biglietti incassiamo meno di altri: i nostri biglietti costano meno che altrove per una nostra giusta scelta di politica tariffaria. Certo, se da Roma arriveranno i tagli che si preannunciano bisognerà inventarsi a tutti i costi qualcosa per salvaguardare la qualità delle nostre rappresentazioni. Abbiamo un coro e un'orchestra di livello internazionale, vanno tutelati».
Di certo sarà difficile risparmiare sui salari. Una seconda tabella pubblicata dall'Ansa evidenzia come dal punto di vista retributivo il Lirico sia più parsimonioso di tutti gli altri teatri italiani a parte il Carlo Felice di Genova: «Il numero di dipendenti delle fondazioni varia da un minimo di 226 per l'Orchestra romana di Santa Cecilia ai 729 del Teatro alla Scala di Milano, per un totale di 4.673. Mentre il costo medio del personale dipendente varia da un minimo di 49.441 euro del Carlo Felice di Genova ad un massimo di 76.597 euro del Santa Cecilia».
CELESTINO TABASSO

12/11/2008