Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Tagli, dai sindaci un aut aut al governo

Fonte: La Nuova Sardegna
21 novembre 2012

 

«Niente riduzioni di spesa o ce ne andremo in massa». Solidarietà al primo cittadino di Mamoiada dopo gli attentati

  






 

di Giampaolo Meloni

CAGLIARI. «Il Governo Monti deve cambiare atteggiamento nei confronti della Sardegna: questi tagli, oltre 25 milioni, sono la morte delle autonomie locali». Dai sindaci dell’isola che in fascia tricolore (165 ammessi, gli altri hanno presidiato all’esterno del palazzo, in via Roma) hanno gremito la sala del consiglio regionale e prima piazza del Carmine, dove una delegazione ha incontrato il rappresentate del Governo Giambattista Tuveri, arriva un monito severo e disperato: «Un grido di dolore», lo ha definito Cristiano Erriu, presidente dell’Anci regionale, l’associazione dei Comuni che ha promosso la mobilitazione. Una ferita che si apre con dolorosa frequenza anche con gli attentati e le intimidazioni: agli amministratori colpiti è stata manifestata solidarietà unanime. Al sindaco di Mamoiada Deiana l’invito a stare in campo.

Non se la cava meglio la Regione, alla quale è stata rimproverata distanza politica e finanziaria nel rapporto con il territorio. Valutazione che nel pomeriggio evolve in polemica tra il capigruppo del Pdl Pietro Pittalis e il segretario del Pd Silvio Lai, che ha lanciato accuse alla giunta di centrodestra: «Ha fallito». «Se c’è ritardo nella Finanziaria è perché si voleva trovare risorse per i sindaci», replica l’esponente del centrodestra.

Il rappresentante del Governo preannuncia l’avvio di un “tavolo di confronto” e trasferirà ai prefetti il documento in sette punti che riassume le sofferenze derivate dai tagli ai trasferimenti, dalla perdita delle risorse derivate dal sovrastimato gettito Imu e comunque in parte considerevole assorbito dal bilancio nazionale, dai rallentamenti della burocrazia, dalla riduzione del Fondo unico regionale. Il punto è che occorre «una riforma delle autonomie che metta in primo piano il ruolo protagonista degli enti locali», sintetizza Erriu per indicare dove sta il cuore della svolta per evitare il collasso amministrativo e scongiurare la paralisi definitiva dello sviluppo. «I Comuni stanno diventando i veri finanziatori del debito pubblico dello Stato - ha sottolineato il presidente dell’Anci e sindaco di Santadi -, mentre si assiste alla tentazione di scaricare su di noi le responsabilità gestionali».

La presidente dell’assemblea regionale, Claudia Lombardo, cerca di dare una lettura unitaria della manifestazione. Sottolinea la sintonia comune («le vostre preoccupazioni sono le nostre»). E ricorda di avere descritto al presidente della Repubblica Napolitano «un’isola polveriera». Poi, riferendosi alla missione recente dei ministri Passera e Barca: «Ben vengano le visite, ma non rinunciamo a un tavolo complessivo di confronto». Per essere più esplicita, definisce un «bluff» i “tavoli tecnici” avviati dall’Intesa del 2 gennaio scorso sulla Vertenza Sardegna. Insomma, una stoccatina al presidente Cappellacci subito seguita da un’altra per l’assessore della Programmazione La Spisa: «È un danno per il sistema economico isolano il fatto che la Finanziaria non sia ancora arrivata in aula». Infine, per siglare piena condivisione sui problemi sollevati dai «sindaci in trincea», s’impegna: «Serve l'apertura di un tavolo nazionale per discutere tutti gli argomenti, fatti propri dal Consiglio, a cominciare dalla riscrittura del Patto di stabilità».

Il tentativo di mettere insieme dolore dei sindaci e scelte del Governo regionale non chiude le ferite. «È una battaglia di democrazia», osserva Pietro Pittalis, che prima fa mea culpa: «Quel che è stato fatto non è adeguato né sufficiente». Poi propone di trasformare il documento dell'Anci in un ordine del giorno del Consiglio.

Che sia stato fatto poco o niente lo mette in evidenza subito dopo il capogruppo del Pd Giampaolo Diana, che parla per il centrosinistra: «La manovra finanziaria deve impinguare il Fondo unico per i Comuni». Ai quali, propone, va dato l’immediato supporto, «partendo da oggi con l’avvio del riordino dell’autonomia regionale con un modello che avvicini la politica e le istituzionivalorizzando il ruolo dei Comuni».

Poco prima delle 14 l’assemblea è conclusa. La mobilitazione è riuscita, dice Cristiano Erriu, ottimista ma senza tracce d’entusiasmo: «Speriamo che la nostra voce sia arrivata e continui ad arrivare nelle sedi di Governo». La paura che i municipi possano chiudere le porte è ancora latente. Il disagio resta in agguato. Il termometro lo ha portato il direttore dell’Anci Umberto Oppus al rappresentante del Governo con quella cartella piena di dichiarazioni dei sindaci che rimettevano il mandato. Alla fine prevale la decisione di stare tutti in trincea: «Aspetto fatti concreti – commenta Erriu lasciandosi alle spalle il Palazzo –: c’è la consapevolezza che si deve resistere».

Le fasce tricolori si mescolano di nuovo alle decine di gonfaloni che hanno descritto la coreografia della mobilitazione all’esterno, con un altro centinaio di amministratori che l’hanno cantata pesante al consiglio regionale e al governo centrale. «È la prima di tante giornate», hanno concordato. Con loro anche i sindacati, Cgil, Cisl e Uil. Parla Giovanni Matta (Cisl), che ricorda la manifestazione promossa per sabato. I temi? Lavoro, sviluppo, autogoverno.