Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

I 90 anni della vittoria, occasione per riflettere

Fonte: L'Unione Sarda
4 novembre 2008




Chi furono gli alleati dell'Italia nella Grande Guerra? Alla domanda ben quattro studenti rispondono: «L'Austria». Non sono allievi di una scuola media, ma universitari della facoltà di Scienze della formazione di Cagliari all'appello di ieri. L'esame: storia contemporanea. In questi giorni scontata la domanda sul Primo conflitto mondiale. Eppure gli studenti scivolano miseramente. «Non c'è da meravigliarsi», dice il docente Aldo Accardo, storico e presidente della Fondazione Siotto: «La storia contemporanea si studia poco e male, mentre bisognerebbe cominciare dalle elementari». Occasione per rievocare un evento sono proprio gli anniversari "tondi". Oggi ricorrono i 90 anni dalla vittoria del'15-'18 che il governo vuole celebrare con una serie di manifestazioni nazionali e locali insieme alla festa delle Forze armate. La scelta non ha mancato di scatenare una scia di polemiche. Come accade puntualmente per il 2 giugno (festa della Repubblica) e per il 25 aprile (la liberazione dal nazifascismo e la vittoria della lotta partigiana a fianco agli alleati angloamericani). In una scuola di Villafranca Padovana, otto chilometri da Villa Giusti dove il 3 novembre 1918 gli austriaci firmarono la resa, gli insegnanti hanno deciso di non mandare gli alunni alla commemorazione del 4 novembre. Motivo? «La scuola deve tutelare le minoranze». Proprio mentre il governo tende a ripristinare la festività abolita nel 1977. «Penso che il 4 novembre possa e debba essere una giornata di riflessione e non di lavoro per i cittadini e per gli studenti perché è una data sicuramente fondante dell'identità e dell'unità nazionale», dichiara il ministro della Difesa Ignazio La Russa al quale è stato affidato il compito di organizzare le manifestazioni dell'anniversario. «È il giorno in cui si è finalmente compiuto il lungo Risorgimento italiano» aggiunge il ministro: «Non è una mia opinione, ma la conclusione unanime di tutti gli storici, di tutti gli orientamenti ideali».
ACCARDO Il dibattito però è ancora aperto. E con diverse sfumature non trova tutti concordi. Per Aldo Accardo «il 4 novembre è una data complessa della nostra storia alla quale dobbiamo gratitudine, ma anche attenzione per la memoria collettiva. Dobbiamo guardare con equilibrio ricordando che questa guerra è costata all'Italia oltre 700 mila morti (centomila in più di quelli sinora stimati). Nonostante l'altissimo numero - sottolinea il docente - abbiamo avuto meno vittime di altre nazioni. Nel conflitto si è svenata l'Europa intera, è stata falcidiata una generazione di giovani inglesi, francesi, austriaci, russi, tedeschi. Dalla Prima guerra è nata l'età contemporanea, intesa come età delle grandi masse. Finisce l'antico regime e inizia l'epoca dei totalitarismi e delle democrazie. È un periodo che va studiato in profondità senza temere la retorica perché dal sacrificio e dall'obbedienza di quei soldati è nata l'Italia. Certamente - conclude - deve essere un momento di discussione, ma è troppo semplice fare i pacifisti senza un confronto sulla storia».
ATZENI Contro un anniversario "nazionalpopolare", così come lo ha presentato il ministro, si pronuncia Francesco Atzeni, docente di storia contemporanea nella facoltà di Lettere di Cagliari: «Non sono favorevole a una festa che celebri la retorica della vittoria legata alla retorica delle Forze armate quale esaltazione della potenza di un paese» dice: «Il 4 novembre deve essere il ricordo di migliaia di uomini che hanno sacrificato la loro vita per servire lo Stato. Non sono stato favorevole al nostro intervento in Iraq, tuttavia ritengo giusto onorare i soldati caduti a Nassiriya come servitori dello Stato impegnati in una missione umanitaria. Uomini morti nell'adempimento del loro dovere, allo stesso modo di poliziotti, carabinieri, magistrati. Gli anniversari devono diffondere un giusto messaggio, senza la retorica dei nazionalismi».
NATOLI Sui nazionalismi batte il ferro Claudio Natoli, docente nella stessa facoltà di Sa Duchessa: «Il discorso è complesso - afferma - perché siamo in un'epoca per fortuna diversa da quella dei nazionalismi che portarono alla Prima guerra. Oggi il timore è l'enfasi del dibattito: potrebbe scatenare una rinnovata retorica di tipo patriottardo che ha poco da vedere con l'attuale realtà dell'Europa. L'Europa, dopo la Seconda guerra mondiale, si è data un ordinamento comunitario volto proprio ad evitare un'altra catastrofe».
Ha senso celebrare il 4 novembre? «Sì, ma dovrebbe essere un momento di grande informazione e riflessione su ciò che è stata la tragedia delle due guerre mondiali con l'obiettivo di tenere lontani i pericoli di un ritorno alla politica nazionalista» risponde Natoli: «Purtroppo questo non basta. Alla fine del secolo scorso abbiamo avuto una guerra, nata dalle peggiori esaltazioni nazionaliste, che ci ha fatto ripiombare nel clima dell'ultimo conflitto mondiale e ha portato alla dissoluzione dell'ex Jugoslavia. Bisogna avere un grande aggancio con la storia passata traendo da questa la lezione e confermando il ruolo dell'Europa come area di pace e di tolleranza interculturale per evitare il risorgere di pulsioni razziste»:
CARLO FIGARI

04/11/2008