Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Suite per bolle e stupefacenti Antony ruzzola sulla vita

Fonte: L'Unione Sarda
13 novembre 2012


“Drugs kept me alive” e la ricerca del piacere fra teatro e (un po' di) danza

Al Massimo Rizzi porta in scena Fabre
Antony è una “farmacia danzante”. Ad analizzarne il sangue, si troverebbero i comuni viagra, cocaina, lsd. E molto altro: dolophine, ketamina, ritalin, truvada, viread. Un intero vocabolario chimico, reale o inventato, una foresta di polverine frizzanti. Il suo cognome è Rizzi Agra, «ma chiamatemi Antony Rizzi, suona meglio». È il suo nome d'arte. Non iniettatevelo in vena, questo tizio per niente acido che lavora con Fabre e Forsythe, «andreste in overdose», però guardatelo e ascoltatelo. Magari in “Drugs kept me alive” (neanche a dirlo), in scena domenica scorsa al Massimo di Cagliari per la rassegna Asmed. Firma doppia, Fabre-Rizzi, sotto un monologo che viaggia dal cielo agli abissi e ritorno. Confessione candida e prorompente. La dimostrazione che il teatro (danza) di narrazione, modalità salvifica di questi tempi senza soldi, funziona solo se naviga sul talento. E ha un senso ben preciso il fatto che nell'era del massimo virtuale il corpo sia più che mai protagonista assoluto (altro esempio, l'ultimo libro di Pennac). Guardato, analizzato, sezionato. Odiato e amato, com'è naturale.
“Il piacere è immenso, il prezzo è giusto e la tentazione è forte”. Ecco subito il “bugiardino” di Antony. Che in fatto di droghe ha una visione molto ampia: droga è la polvere, droga è il sesso (in questo caso omosessuale), droga è la danza. Non può fare a meno di questa laica triade. E il monologo è il racconto di ciò che accade - metro dopo metro, istante dopo istante - nella sua mente e nel suo corpo mentre si riempie di pillole, umori, vomito. Ma anche di passi e piroette. E perfino d'amore. Rizzi non cade nella trappola della lamentazione, non fa parte dell'esercito dell'angoscia. I suoi acidi debordanti si sciolgono quasi spensieratamente nell'umorismo, ma conservano la forza. E soprattutto la consapevolezza. Se gli dite che la droga spalanca meravigliose coreografie, scenari incantati, tanto che si vedono “i gambi dei fiori crescere” risponderà che sono «stronzate». Oppure che lo stupore in siringa è un'altalena.
Rizzi vaga in una scena delimitata da bottigliette dello stesso colore. Una fitta e bassa barriera, prigione ed estasi. Intorno, kit per la produzione di bolle di sapone, un tavolino di alchimista, una macchina che crea schiuma. Sono simboli e motori della sua malattia. Ma davvero «sono malato?». Se lo chiede spesso e non avrà mai una risposta. Non lo ha ghermito il male dal nome breve, «cosiddetta peste dei tempi moderni», ha scoperto però di «essere stato infettato». E accetta una volta di più la sua mortalità, preferibile a «qualcosa di permanente». Anche il suo concetto di malattia, del resto, è molto esteso. Conosce il favoloso gioco dell'immaginazione, la potenza moltiplicatrice della droga, così prodigiosa dove si affollano gli «angeli del sesso».
C'è il piacere in cima alla piramide, ma anche una personalissima spiritualità. E soprattutto una creatura che ama la vita. Quando solleva delicatamente il cerchio che gonfia le bolle, quella figura minuta irradia una leggerezza infantile, per esibire subito dopo la volgarità in modo quasi sbarazzino. Con un cappello a cono, gli occhiali, i gesti da clown, una straordinaria mimica facciale, scala il paradiso e ruzzola all'inferno. E le musiche, le luci, i rumori, fissano con evidenza il cambio di paesaggio. C'è una necessità pressante nell'esistenza dell'attore e insieme la certezza che non siamo mai innocenti: «La nascita di qualunque dipendenza richiede una certa determinazione. Ci vuole altrettanta determinazione per mantenere una dipendenza».
La sua vita è «dentro una membrana sferica sottile». Un ovale trasparente come la bolla colorata che sale. Da lì Antony vuole trovare tutto se stesso e berne fino all'ultima goccia, visto che intorno regna una realtà fasulla, decisamente paradossale: fatta (anche) di spot che inneggiano ai detersivi, da usare in tutte, proprio tutte, le parti del corpo. Il mercato ti sporca e poi ti pulisce. Gli spot - le risate - sono dentro questo spettacolo di molto teatro e poca danza. I movimenti accertano solo che quel tipo è un danzatore. Che sa volteggiare con leggerezza. Come le bolle. Semplicemente la terza droga.
Roberto Cossu