Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

«Sotto il colle un disastro archeologico»

Fonte: L'Unione Sarda
3 novembre 2008

tuvixeddu

L'intenzione era capire se a monte di Tuvixeddu si fosse rotto un bacino idrico, considerata la cascata d'acqua che il 22 ottobre scorso aveva allagato il viale Sant'Avendrace; si è scoperta invece una voragine profonda 5 metri e larga quindici apertasi a pochi metri dalla strada, all'interno di un opificio industriale dell'ex cantiere Italcementi.
Ma era solo la punta dell'iceberg: tutt'intorno, il colle è stato ferito da cedimenti del terreno, con conseguente intasamento dei corsi d'acqua, dal crollo di pareti e volte di cavità, dai danni provocati agli antichi acquedotti e alle gallerie lunghe chilometri.
Dodici giorni dopo, il nubifragio che ha devastato il cagliaritano continua a provocare danni, anzi: disastri, per utilizzare i termini del Gruppo speleo-archeologico cavità cagliaritane. La buca scoperta ieri mattina sul colle fenicio-punico dai ricercatori sarebbe infatti «un incredibile disastro al patrimonio speleologico-urbano» nel mezzo di quello che «avrebbe dovuto accogliere il museo archeologico del futuro parco naturalistico di Tuvixeddu».
Il ritrovamento è avvenuto durante un controllo effettuato dagli esploratori, guidati dal presidente del gruppo Marcello Polastri, su richiesta della Circoscrizione di Sant'Avendrace, che in teoria puntava solo a valutare le condizioni del bacino idrico. Invece «il vero disastro è avvenuto sottoterra», denuncia il vice presidente del gruppo, Diego Scano: «Forse il buco si è aperto mentre l'acqua, scorrendo a monte sulla necropoli, si riversava a valle allagando il fondo del vecchio opificio industriale dove un tempo si estraeva il calcare. Poi il cedimento della pavimentazione dell'ex cantiere ha riversato sottoterra una vera e propria cascata, con tonnellate e tonnellate di terra fangosa, rifiuti e anche resti di reperti archeologici e ruderi in cemento».
Così l'acqua, stando alla ricostruzione degli speleologi, nella sua violenta corsa tra le tombe antiche e i sepolcri si è portata giù dal canyon tutto quello che ha incontrato nel suo tragitto. Di conseguenza, «i chilometri di gallerie che fino all'altro ieri erano puliti sono adesso intasati da una poltiglia fangosa alta circa un metro: un vero e proprio disastro, che ha alimentato anche l'antico acquedotto romano intagliato nella roccia».
L'enorme massa d'acqua, che gli speleologi definiscono «fiume in piena», ha attraversato le gallerie superiori di una vecchia cava per poi riversarsi anche sulla volta della Grotta della Vipera e nella scalinata di Vico II Sant'Avendrace «danneggiando autorimesse, scantinati e i piani bassi di parecchie abitazioni. È stata una fortuna che in quei momenti, lì vicino non si trovassero persone».
Adesso il gruppo di speleologi («su invito del presidente della Circoscrizione di Sant'Avendrace Antonio Puddu», spiegano gli stessi esploratori) preparerà una dettagliata relazione tecnica con tanto di immagini che poi sarà inviata al Comune, alla Protezione civile e alla Soprintendenza archeologica. «La speranza è che questi siti possano essere messi in sicurezza e liberati dalla terra: siamo infatti certi che il corso delle acque sotterranee è stato intasato dalle tonnellate di fango e rifiuti».
Provvedimenti necessari, a detta degli speleologi, perché questa massa di fango che intasa i canali potrebbe deviare il flusso dell'acqua «in altre vie non più naturali, con dannose conseguenze per strade e palazzi».

03/11/2008