Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Lode alla ragion critica, l'Università di Cagliari laurea il “suo” Dorfles

Fonte: L'Unione Sarda
8 novembre 2012


Titolo accademico ad honorem in Lingue Moderne
 

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Una volta Gillo Dorfles, 102 gloriosi anni compiuti ad aprile, confidò che la Sardegna gli provocava una nostalgia simile a quel sentimento complesso e indecifrabile che è saudade portoghese. E degli anni trascorsi (dal 1970 al 1974) come docente al Magistero di Cagliari, disse di averli dedicati «più alla bellezza della terra che all'Estetica». «Mi piaceva - aggiunse - andare al Poetto con i suoi casotti». Gioielli di architettura spontanea ai quali dedicò, alcuni anni più tardi, una bellissima prefazione al libro “La città estiva” di Giancarlo Cao. Amava anche la solennità di Capo Caccia e il mare cristallino di Villasimius. «Se c'è una macchia - però precisava - questa è la Costa Smeralda». Non poteva che essere così per un intellettuale e critico d'arte che detesta la globalizzazione, l'indebolimento dell'identità e i luoghi comuni. Tra una settimana, l'Ateneo di Cagliari, città dove Dorfles era tornato quattro anni fa ospite di “Festarch”, l'appuntamento con l'arte e l'architettura che aveva fatto scoprire alla città la fabbrica urbana della Manifattura Tabacchi, lo insignisce della laurea honoris causa in Lingue Moderne. La notizia è stata annunciata ieri mattina durante la presentazione del progetto di messa in rete dei Musei Civici di Cagliari.
Critico, saggista, artista, docente di Estetica, autore di numerosi volumi, laureato in medicina con una specializzazione in psichiatria e a seguire un'infinita lista di riconoscimenti, è nato a Trieste, città di rara bellezza dove la piazza tocca il mare e dove aveva conosciuto l'impiegato Ettore Schmitz (poi Svevo), e ha attraversato il Novecento da protagonista, con la leggerezza di chi conosce l'ironia. Quel caldo pomeriggio cagliaritano di quattro anni fa, trascorso alla Manifattura Tabacchi a rispondere alle domande del pubblico, Dorfles non diede né ricette ma face un'unica raccomandazione: «Coltivare l'ironia». Al bizzarro quesito «è pericoloso nascere sardi», rispose sicuro: «È pericoloso nascere».
Ed è bellissimo, se è vero che a 102 anni, continua a non voler parlare di sé (malattia della vecchiaia). «Preferisco ricordare il presente e vorrei ricordare il futuro, naturalmente», confidava lo scorso anno a un giornalista del Corriere che lo intervistava nella sua casa milanese. Le uniche concessioni le ha fatte in “Lacerti della memoria. Taccuini intermittenti” pubblicati nel 2007, un affresco di ricordi delle sue esperienze all'estero. «Ho scelto solo quelle cose che pensavo potessero avere un minimo di interesse per il pubblico. Ho evitato di parlare di me, dei miei sentimenti, delle mie idee politiche e religiose».
Non ha mai invece smesso di parlare d'arte. «La passione a cui sono rimasto sempre fedele, sin dalle prime folgorazioni dell'astrattismo di Klee e di Kandinsky». Una passione che lo ha portato a scoprire prima di altri nomi dell'architettura come Frank Lloyd Wright o Mies van der Rohe e a viaggiare instancabilmente sui sentieri dell'architettura e del gusto, facendo scoprire agli italiani le correnti artistiche che via via si affermavano. Anche negli anni sardi strinse legami con artisti che facevano tendenza nell'Isola come Maria Lai, Gaetano Brundu, Tonino Casula. Schivando il conformismo «maniera comoda di adattarsi alla vita perché la persona veramente elegante è démodé». (c.p.)